mercoledì 10 novembre 2010

Polls open in Jordan, as parliamentary elections get underway

Oggi (9/11/2010) Amman è stranamente silenziosa: i bambini non urlano giocando per strada, il furgone delle bombole del gas non gira per la città suonando il suo motivetto, di automobili in giro se ne vedono ben poche.
Oggi è giorno di festa nazionale, a cinque anni esatti dagli attentati di matrice islamica che portarono alla morte di almeno sessanta persone e al ferimento di altre trecento.
Scuole, uffici pubblici e privati, negozi, tutto chiuso, come non capita nemmeno di venerdì. Oggi si vota.
Dalle 7 di questa mattina, nei 45 distretti elettorali in cui è suddivisa la Giordania, i 2,37 milioni di sudditi hashemiti iscritti alle liste dei votanti sceglieranno i loro nuovi rappresentanti alla camera bassa del parlamento.
Quando il 23 novembre 2009 il re Abdallah II annunciò lo scioglimento del Parlamento, la popolazione accolse la notizia con assoluta noncuranza. Il commento più diffuso, ad ogni livello della scala sociale, era un disilluso adi, è normale.
Oggi, dopo quasi un anno di legislazione straordinaria e di decreti regi, il sentimento più diffuso è esattamente lo stesso.
D'altra parte non è la prima volta che, senza troppe spiegazioni, il re licenzia il Parlamento: era già successo nel 2001, e il sovrano attese due anni prima di indire nuove elezioni. E le cose non sembrano destinate a cambiare dopo le elezioni per le centinaia di tassisti di Amman, per i pastori di capre del governatorato di Kerak, per i beduini del deserto orientale, per i profughi palestinesi della Nakba (la tragedia, come i palestinesi chiamano la nascita d'Israele) o per i rifugiati iracheni dell'ultima guerra. Da giugno il paese è ricoperto da enormi cartelloni a sfondo viola. Fanno l'occhiolino a quel settanta per cento della popolazione sotto i trenta anni d'età, di istruzione medio-alta, che non si interessa alla realtà politica della nazione, che non ha mai nemmeno pensato di andare a votare. La nazione ha bisogno di te, la tua voce/il tuo voto è cruciale. Tende, banchetti e volontari sono comparsi agli angoli delle strade più battute dai giovani giordani, promuovendo la campagna per l'iscrizione alle liste elettorali. E poi sms e messaggi su Facebook per ricordare le procedure di registrazione. I primi dati diffusi dal Ministero degli Interni raccontano di trecento mila nuovi elettori che hanno acquisito diritto di voto, elemento ora segnato anche sulla loro carta di identità, accanto alla voce religione professata.
Gli edifici più alti di Amman ieri sera erano rischiarati dalla scritta luminosa Sharak, che significa partecipa, contribuisci.
Nelle 108 circoscrizioni, ridisegnate a seguito dell'emanazione della nuova legge elettorale del maggio scorso, si presentano oggi 763 candidati di cui 143 donne, che concorrono all'assegnazione dei 120 seggi di deputato, dei quali dodici riservati alle donne, nove alla comunità cristiana e tre alla comunità circassa.
Avverso fin dall'inizio alla nuova legge elettorale è il Fronte di Azione Islamica, emanazione politica in Giordania della Fratellanza Musulmana. In un paese retto da logiche di appartenenza di clan, il Fronte rappresenta l'unica organizzazione partitica di opposizione al governo, anche se fortemente diviso al suo interno tra fazioni estremiste e raggruppamenti più moderati. Contrario al ridisegno dei distretti elettorali, che ancora una volta sovra rappresenterebbero zone del paese più favorevoli alla corona, e al sistema di una testa = un voto che vincola gli elettori alla scelta di solo candidato e non di una compagine partitica, il partito islamico questa volta non si presenta alla tornata elettorale, cosa che, ci si aspetta, inciderà non poco sulla partecipazione al voto soprattutto dell'elettorato più religioso.
In un paese declassato da Freedom House, nel giro di un anno, da parzialmente libero a non libero, dove ogni critica al re, alla sua famiglia, al governo o al parlamento è punibile con l'arresto e dove ancora esistono tribunali speciali e prigionieri politici, è facile che un sit-in non autorizzato dalle forze dell'ordine davanti al governo porti a dieci fermi, è facile comprare e vendere voti, scambiarli, fare pressioni su candidati scomodi perché si ritirino dalla corsa (sono ventiquattro le persone fino ad ora indagate per pratiche scorrette durante la campagna elettorale), è facile far scivolare un articolo di commento alla situazione attuale, economica e politica, del Paese dalla prima pagina alle pagine interne poco prima di andare in stampa, perché non sta bene.
Tratto da: Peace Reporter

lunedì 18 ottobre 2010

Living in the shadows

Vivere nell'ombra.
Detto così, potrebbe benissimo essere il titolo di qualche romanzo o di qualche film, o magari il titolo d'una poesia. Ma qui non c'è nulla di poetico, nulla di emozionante, nulla di avvincente. Qui c'è un dramma che porta un nome specifico: Xeroderma pigmentosum, o meglio conosciuto come Xp. Qui c'è dolore, quel dolore che queste due parole portano con sè.
Quando inizio la mia ricerca già le prime cose che trovo non mi fanno presagire "speranza". "Malattia rara". Male, molto male. Lo Xeroderma pigmentoso è una condizione rara tramandata ereditariamente in cui la cute e il tessuto che copre l’occhio sono estremamente sensibili alla parte ultravioletta della luce solare. La luce ultravioletta, come quella che si trova nella luce del sole, danneggia il materiale genetico (DNA) nelle cellule della pelle. Normalmente il corpo ripara i danni causati, ma nelle persone con lo Xeroderma pigmentoso, l’organismo non risolve il danno. Come risultato, la pelle diventa molto sottile e appaiono macchie di colore variabile. La condizione causa anche problemi ai vasi sanguigni nella pelle (telangiectasia) e cancro della pelle. Il cancro si verifica prima che il bambino compia 5 anni. Le persone con queste condizioni richiedono una protezione totale dai raggi solari. Lo Xp può essere letale.
E' sfogliando il Corriere della Sera che mi sono imbattuta in questa malattia, ma più ancora mi sono imbattutta nella storia di Roberto M., 25 anni, affetto da questa patologia e da tutti i danni psicologici che essa porta con sè. Leggo attonita l'articolo, fino alla fine "Ci sono giorni che Roberto maledice d'esser nato, maledice i genitori che l'hanno messo al mondo, maledice e basta: «Vivo nel buio in casa o fuori con passamontagna, sciarpe e berretti anche d'estate... Mai un amore, mai». Otto volte ha provato a uccidersi".
Roberto ha anche tentato di reagire: è andato a scuola seppur con tutte le (costose) precauzioni, ha un diploma di perito informatico... Però immagino che crescendo le cose inizino a cambiare. Non è una famiglia agiata la sua, le cose "semplici" che potrebbero aiutarlo a condurre il più normalmente possibile la sua vita costano, tanto. Sua madre, per esempio, dice che a suo figlio servirebbero un paio di occhiali. Un tipo particolare, li hanno finiti, li usa chi vive nel buio: sono gli occhiali dei minatori. Costano, non possono permetterseli.
Ho letto tante volte questo articolo, ho cercato di immaginarmi Roberto e quelli nelle sue condizioni, i tanti "Roberto" sparsi per l'Italia. Basterebbe poco in fondo se ci pensate. Una persona agiata (e qui in Italia non mancano) che gli fa un "regalo", vitale per l'uno, certo non costoso per l'altro. Vorrei parlare con Roberto, vorrei che sentisse la mia vicinanza. Inutile forse, ma magari anche solo avere un'amica, un qualcuno con cui parlare, scambiare quattro chiacchiere ogni tanto, magari serve...un pò... Vorrei dirgli che so come ci sente ad essere "menomati" e come questo squarci l'anima e la mente, portandonci sul bordo della follia e della disperazione. Vorrei dirgli che capisco che per ognuno di noi il proprio dolore è unico.
Vorrei fare qualcosa. Ma non posso.
Sento l'impotenza come un fardello.
E forse per questo butto nella rete di internet questo post...perchè a volte le bottiglie con i messaggi, arrivano.
Sentiti libero, tu che leggi queste parole, sia che tu sia "sano" sia che tu soffra di questa patologia o magari di un'altra, di scrivere tutto ciò che vuoi.
Intanto, Roberto, ti dedico questa canzone.

domenica 3 ottobre 2010

Happy 101 ... wow!

Carissime amiche e amici di blog, viaggiatori passeggeri della rete, rieccomi!
Dear friends of the blog, travellers network, I'm back!
Lo so, lo so, sto latitando mica male e me ne dispiaccio molto, ma la vita mi si sta rendendo alquanto "movimentata" in questo periodo, nel bene e nel male, e quindi non riesco a passare a trovarvi (anche se vi leggo!) e lasciarvi un messaggio o a postare con frequenza nuovi post.
Ma grazie a Maraptica...eccomi qua! Ricevo con onore (e commozione!!!) il suo premio, ovvero l'Happy 101 - due ore di autopsicoanalisi per snocciolare le 10 cose che più mi piacciono.
Oh oh...non c'è cosa più bella :)
1) Viaggiare
2) Scrivere
3) Leggere
4) Fotografare
5) La pasta
6) La pizza
7) Programmare una conquista dell'Italia (beh, dire "del mondo" sarebbe stato alquanto scontato...)
8) Spupazzare il mio lupetto (alias, il mio cane:)
9) Giocare a basket
10) Arrampicarmi a mani nude su pareti rocciose altissime (no, non lo so fare, ma mi piacerebbe!)
Ora, il premio mi invita a nominare a mia volta altri dieci blog, che a loro volta dovranno premiare altri dieci blog... mmm...la cosa si complica...va beh...datemi un pò di tempo, fatemi riprendere la mano sul blog e, se non mi dimentico :P , nominerò qualcuno!!!
A presto hermanos!

mercoledì 14 luglio 2010

Dedica di un'amica

Voglio condividere con tutti voi un pensiero di Nelson Mandela, dedicatomi da una carissima amica, una big sister direi, che nonostante la distanza tanto sta facendo per me in questa difficile strada che sto percorrendo. Trovo che sia splendido (e azzeccatissimo per me).
Posso, vero Manu? ;)

"La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
E' la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: " Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? "
In realtà chi sei tu per NON esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c'è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicchè gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri."

mercoledì 23 giugno 2010

Balenando in burrasca ...

GABBIANI

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.

(V.Cardarelli)

mercoledì 26 maggio 2010

E se la vita ti uccidesse?

Memento mori.
Ricordati che morirai.
Così dicevano i latini.
Se c’è una cosa certa in questa vita, è che prima o poi finisce. I motivi possono essere tanti e fra questi ce n’è uno che mi ha da sempre colpita. E che sta aumentando qui in Italia. Moltissimi gli studi, le analisi, ma il riusultato non cambia mai.
Sui caedere.
Ovvero quando la vita, per vari motivi, diventa un macigno insostenibile, quando il male di vivere s’impossessa di ogni parte del nostro corpo e della nostra mente. E così sui caedere, uccidiamo noi stessi. Ci suicidiamo.
Vai a scuola ogni giorno, e ogni giorno subisci le angherie di quei teppisti. Non riesci a reagire, non è da te mettere le mani addosso alla gente, e così la scuola diventa un incubo. Nessuno sembra vedere, tutti sembrano voltare la testa dall’altra parte. Non sei uno che parla tanto, i tuoi genitori non lo sanno e poi sono sempre indaffarati. Non hai amici con cui sfogarti. Ti convinci che sei un perdente. E ti convinci che tanto vale farla finita.
Avevi tutto ciò che desideravi: i figli, una moglie, una casa che pian piano stavi comprando, un impiego stabile. Poi nel mezzo della tua vita piomba quel licenziamento inaspettato. I conti in casa non tornano più, non ce la fai a finire di pagare il mutuo, le bollette ti stanno addosso, reclamano i loro soldi, la sera litighi in continuazione con te stesso, non puoi portare la tua famiglia al mare. Ti senti un fallito. Ti vergogni davanti ai tuoi figli… Loro che dovrebbero vederti come un esempio. Se tu non ci fossi più tutti i problemi sparirebbero, pensi. E sparire per sempre è così facile…
Il lavoro è precario, non riesci a raggiungere gli obiettivi che ti sei fissato. Però sei giovane, ti dicono, hai tutta la vita davanti. Ma tu non riesci a vederla. Hai dei bravi genitori, degli amici con cui passare le serate, ridi e scherzi con quella maschera che ti sei messo davanti. Ma dentro stai marcendo e neanche tu capisci il perché. Sei stanco, fai pensieri bui che rimangono blindati nella tua testa, ti senti inutile. Un’ultima serata con gli amici, un arrivederci, neanche la forza per scrivere due righe. Senti solo una stanchezza insopportabile. Guardi il ponte davanti a te e sai già cosa fare.
Potrei continuare all’infinito amici, questi viaggi hanno tante di quelle strade da non poterle catalogare… Tante, troppe le storie che parlano di dolori interni strazianti che portano tutti ad una stessa conclusione. Ultimamente, guardando qua e là, ne sto vedendo sempre di più.
Un tempo non li capivo. Pensavo ai malati terminali, a chi muore di fame nel mondo, a chi è stato ammazzato, al mio amico Mat inchiodato per sempre su quella sedia a rotelle con una malattia catalogata come “rarissima”, e trovavo sbagliato sui caedere.
Finchè ci sono passata. Finchè ho percorso intensamente quel viaggio nel sui caedere. Una vita traballante, una salute non ottimale, vari colpi alle gambe, e uno dei pochi punti fissi che un bel giorno mi dice bye bye; il colpo di grazia. Scoprire che non è vero che "tocchi il fondo". Il fondo non c'è. Puoi andare sempre più giù, all'infinito. Non so dire se ne sono uscita. Però ora sono più comprensiva nei loro confronti. Ora, forse, capisco.
Che altro dire amici? …
Mi permetto un consiglio, forse banale, forse stupido, ma ascoltatelo per favore: non fermatevi all’apparenza delle persone che conoscete, cercate di comprendere come realmente stanno. Delle vostre parole, dei vostri semplici gesti, potrebbero salvare una vita. E non penso sia poco.

martedì 18 maggio 2010

Ripartiamo con un miracolo

Care amiche e amici di blog,
è giunta l'ora di riprendere in mano la tastiera e ricominciare a scrivere. Non che le cose nella mia vita si siano sistemate, ma la voglia di raccontare è più forte. Così, non con poca fatica, mi sto rialzando e ritorno tra voi. Via avviso che per vari motivi non riuscirò ad essere molto costante nè con i miei post nè a commentarvi, ma farò del mio meglio.
Voglio ripartire con una storia vera, la storia di un amico accaduta circa due settimane fa.
Se avete un pò di tempo, ascoltatela.
Salvatore oggi ha una famiglia, è un padre felicemente sposato, con una casa che non è una reggia, ma è pur sempre di sua proprietà. La sua storia assomiglia a quella di tanti che come lui un giorno fecero le valige e dal Sud vennero al Nord in cerca di lavoro. Lui lo fece quando aveva 14 anni. Preparò la valigia, lasciò la sua Napoli dai mille volti, salutò i genitori, i fratelli, gli amici, e partì con quel treno che sapeva di nostalgia e povertà. Era ancora quella l'epoca dei cartelli "Non si affitta ai terroni". Non fu facile, ma Salvatore aveva voglia di fare, e non si arrese alle innumerevoli difficoltà che gli si pararono davanti. Non voleva la via più facile, troppe persone aveva visto a Napoli cadere nelle mani della mafia. Lui voleva un futuro diverso. Così, anno dopo anno, è riuscito a diventare muratore e a prendere anche varie specializzazioni.
Ma nel lavoro, si sa, gli incidenti sono dietro l'angolo, una lista infinita che grida nel silenzio dei media. Gli andò bene qualche anno fa: cadde da un'impalcatura, si fratturò varie ossa, ma si rimise in piedi.
Poi arrivò un giorno preciso di un mese preciso; due settimane fa, come vi dicevo.
Salvatore è in un grosso tubo, dall'alto gli calano cerchi di cemento da allineare e saldare. Tutto va normalmente. Poi dall'alto sente delle urla concitate. E' questione d'un secondo. Una valanga di terra lo sommerge. E' la morte, pensa, oggi è arrivata la fine. Riapre gli occhi. Non chiedetemi come, ma una sorta di bolla d'aria s'è creata intorno alla sua testa. A fatica, ma Salvatore, sotto quella terra, respira. I minuti diventano ore. Pensi che è questione di attimi, che morirai, eppure vorresti con tutte le tue forze vivere. Con uno sforso immane, con la mano e il polso fratturati, Salvatore alza un braccio nella terra: pensa, spera, che almeno così potranno trovarlo prima.
I suoi colleghi sono ai margini del grande tubo, e dall'alto lo chiamano a gran voce, ma si vede solo terra. C'è chi ha avvisato i soccorsi, chi pensa a come fare per tirarlo fuori di lì. Perchè non è semplice: della terra è in bilico e a saltare dentro si rischia di essere sommersi in qualunque momento. Ma in una manciata di minuti due colleghi fanno la loro scelta. Senza indugiare, saltano dentro e a mani nude inziano a scavare. Trovano la mano, ok, quello è il punto. A braccia, tirano fuori Salvatore. E' ammaccato, sotto choc, ma vivo.
Due angeli rumeni hanno salvato il mio amico.

martedì 4 maggio 2010

4 Maggio 1944

Ho pensato fosse doveroso rompere un attimo il mio silenzio per ricordare cosa accadde in Italia il 4 Maggio 1944: eccidio di Monte Sant'Angelo (AN), 63 italiani uccisi dai nazi-fascisti. Ricordiamo Palmira Mazzarini, che aveva solo 6 anni.
4 May 1944: slaughter Monte Sant'Angelo (AN), 63 Italians killed by the Nazi-Fascists.
Remember Palmira Mazzarini, 6 years.

sabato 24 aprile 2010

Care amiche e cari amici di Blog ...

Care amiche e cari amici di Blog,

v'informo che per un periodo che ad oggi non so ancora definire, non riuscirò nè ad aggiornare nè a commentare i vostri post.
Non sto passando un bel momento della mia vita e questo mi impedisce di essere una blogger a tutti gli effetti.
Vi chiedo scusa.
Intanto auguro a tutte/i voi un buon 25 Aprile e un buon 1 Maggio.

Con affetto

Aly

sabato 17 aprile 2010

I SUPPORT EMERGENCY

Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.
Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso.
On Saturday, April 10, soldiers of the Afghan army and the International Coalition Forces attacked the Emergency Surgical Centre of Lashkar-gah and arrested members of the national and international staff. Three of them are Italian citizens: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.
EMERGENCY is an independent and neutral organisation. Since 1999, EMERGENCY in Afghanistan has provided medical assistance free-of-charge to over 2,500,000 Afghan citizens, by establishing three surgical hospitals, a maternity centre and a network of 28 first aid posts.

giovedì 8 aprile 2010

Dear Rashid...

Dear Rashid,
thank you very much for your letter sent to me, I was really glad to hear you. But, sorry, I should stop your desire to come and find me.
No, not come Rashid, you do not come to Italy.
Italy has become an inhospitable country, and with her many Italians.
... ... ... ...
Caro Rashid,
ti ringrazio molto per la lettera speditami, mi ha fatto veramente piacere sentirti. Però mi spiace dover bloccare la tua gioiosa volontà di venirmi a trovare.
No, non venire Rashid, non venire in Italia.
L’Italia è diventata un paese inospitale, e con lei molti italiani.
Guarderebbero subito la tua pelle, vedrebbero che è scura, e ti darebbero certe occhiatacce, farfuglierebbero commenti razzisti, ti insulterebbero, magari ti metterebbero anche le mani addosso. Questo solitamente nell’indifferenza dei passanti. Se poi sentissero il tuo nome penserebbero “Ecco! L’ennesimo immigrato clandestino musulmano!”. E poco importa se tu sei protestante, loro penserebbero così. Lo so, Rashid, a cosa stai pensando. Tu hai passaporto statunitense, tu non sei clandestino. I tuoi nonni si trasferirono dalla Nigeria negli USA e tu nascesti lì. Tu non sei povero, non hai bisogno d’entrare illegalmente da nessuna parte. Ma loro non capiscono, loro non vogliono capire. Potresti parlar loro per ore, e ridirebbero le stesse frasi, magari dandoti del bugiardo. Ti sentiresti offeso e deluso amico mio. Tu, tu che sei laureato col massimo dei voti, tu che parli cinque lingue, tu che lavori addirittura alla NASA. Ma a loro non fregherebbe nulla. La loro ignoranza la sfoggiano come un premio. E sai che pena a vederli… Loro che fino a qualche tempo fa scappavano da questa Italia con le pezze al culo e le valige tenute insieme dallo spago, loro che lavoravano come muli senza diritti, che si ubriacavano al primo bar per non pensare al domani. Ma loro hanno dimenticato Rashid. Oggi si vantano di poche cose materiali che posseggono e scaricano ogni problema sugli immigrati. O su chi ritengono “diverso” da loro. Hanno una capicità di ragionamento pari a zero, devi fare discorsi semplici semplici e basilari con loro, se no non capiscono. Però pensano di saperla lunga.
Potresti umiliari con poche parole. Ma a che ti gioverebbe amico? Non capirebbero lo stesso.
Scusami Rashid, lo faccio per te, e forse un po’ anche per me, perché non voglio che tu veda con chi sono costretta a coabitare.
Un giorno forse verranno tempi migliori.
Per ora però visita altri luoghi, altre nazioni. Da altre parti non è molto diverso che da qui, ma preferisco che tu non venga. Ci vedremo da un’altra parte Rashid. Ma non qui.
Non venire qui in Italia.