mercoledì 24 dicembre 2008

E arriva Natale...

Eccoci qua, anche quest’anno Natale sta arrivando. Per me, che sono cattolica, ha un significato del tutto particolare, ma di solito anche per chi non lo è questo periodo assume un carattere speciale. Guardo fuori dalla mia finestra, guardo il cupo cielo invernale che tanto mi piace, e istintivamente ripenso a tutto ciò che è accaduto quest’anno a me e al mondo. Già, perché subito dopo il Natale sarà prossimo il 2009…
E allora penso agli amici sparsi in giro per il mondo che non riuscirò a vedere a quattr’occhi: penso a Julivan, a São Paulo, in Brazil, che con enorme coraggio porta avanti in modo straordinario una vita non facile, fatta di mille difficoltà…penso a Manu, sorridente, nel suo piccolo villaggio in Madagscar, che cura persone su persone, bambini su bambini, ora dopo ora, e mi domando se lì una fetta di pandoro riuscirà mai a procurarsela…penso a Yasu e al suo amore per l’Italia, alla sua scuola di canto là in Giappone, ai suoi concerti, alle prove…penso ad Arastu, a lottare nel suo Bangladesh con un libro di Gramsci in mano…e poi in questo periodo penso a Betlemme, alla canzone a lei dedicata da De Gregori… “Signore lo vedi /il panorama di Betlemme /questo cielo senza riparo /questo sipario di fiamme”…
Il mondo non è un posto facile dove vivere ed essere gioiosi a Natale non mi è facile: potrei scrivervi pagine e pagine di guerre, malattie, violenze. Ma permettetemi una fuoriuscita di ottimistica e determinata volontà: le cose possono cambiare e anche se il mio, o il nostro, contributo sarà piccolo, sarà sempre qualcosa. Non voglio cedere al pessimismo, non voglio.
Amiche e amici di blog, voi che magari siete capitati qui per la prima volta, e tu, che non sei più qui con me, ma di certo dentro di me, mi auguro che possiate passare questo periodo in gran serenità, in tranquillità o in gioiosa ribellione, a secondo del vostro carattere^^ Spero solo che possiate sentirvi bene, fisicamente e moralmente.
Sia che siate cattolici, ortodossi, musulmani, atei, buddisti, ebrei… vi auguro Buon Natale!
Merry Christmas! Joyeux Noel! Froehliche Weihnachten! Feliz Navidad! I'd milad said oua sana saida! Shinnen omedeto. Kurisumasu! Kung His Hsin Nien bing Chu Shen Tan! Noeliniz Ve Yeni Yiliniz Kutlu Olsun! Chung Mung Giang Sinh! Sretan Bozic! Shub Naya Baras! Hyvaa joulua! Maligayan Pasko! Sarbatori vesele! God Jul! Selamat Hari Natal! Natale hilare et Annum Faustum!

lunedì 22 dicembre 2008

Assurdità natalizie bosniache

Scritto da: Azra Nuhefendić
Quest'anno Babbo Natale non porterà i suoi regali ai bambini di Sarajevo.
Così ha deciso la direttrice dei 25 asili nido della città, Arzia Mahmutović. La signora Mahmutović ha dato corso alla decisione presa dai vertici del partito musulmano SDA (Stranka Demokratske Akcije), di cui è membro.
Dopo aver introdotto nei nidi le lezioni di religione musulmana (invano le proteste e le petizioni dei genitori, che non volevano che i bambini si dividessero già da piccoli), le autorità di Sarajevo, dove il partito SDA ha la maggioranza, hanno deciso che "Babbo Natale non appartiene alla tradizione dei bosgnacchi (bosniaco musulmani)". Già negli anni precedenti avevano preso misure per ridurre o almeno ostacolare la celebrazione del Capodanno. Non è proibito farlo, ma si trovano scuse o si ostacolano i festeggiamenti nei locali pubblici. Si sta realizzando così quello che l'ex presidente bosniaco Alija Izetbegović prometteva nel 1996. Il presidente domandava ai media "di non imporre vari Babbi Natali e altri simboli strani al nostro popolo… Noi certamente non insisteremo su censure o divieti, ma prenderemo misure perché il nostro popolo, con disprezzo, respinga i valori sospetti".

venerdì 12 dicembre 2008

Abbiamo vinto !

Una battaglia, una battaglia è stata vinta.
Ieri sera ho riletto almeno cinque volte incredula la notizia.
Ieri sera s'è dimostrato che non si può decidere da Dux, che i diretti interessati vogliono partecipare alle decisioni perchè se no non sarebbe democrazia. Ci siamo mobilitati in massa, abbiamo riempito piazze, fatto corteii affollatissimi, occupato, autogestito, scioperato, abbiamo raccolto firme su firme. E alla fine la maggioranza ha vinto. Una vittoria, certo, di tutti coloro che si sono mobilitati, ricordando però che alcuni si sono mobilitati più di altri: non voglio dare un solo ed unico colore a questa vittoria, perchè c'era molta gente di centro-destra che ha firmato e manifestato, però è dato di fatto lampante che i militanti (siano stati studenti, genitori, insegnati o professori) che si sono "fatti il culo", che si sono sbattuti all'inverosimile, sono stati quelli di Sinistra. Non ho paura ad ammettere la verità.
"(...) Sul tempo pieno, si garantisce prioritariamente il tempo di 40 ore con l'assegnazione di due insegnanti per sezione e, solo come residuale lo svolgimento delle attività didattiche nella fascia antimeridiana, sulla base della esplicita richiesta delle famiglie. Prevista, inoltre, l'attivazione del modello a 24 ore (che comporta il cosiddetto "maestro unico") solo nelle prime classi e solo su esplicita richiesta delle famiglie."
Il maestro unico sarà facoltativo.
Uno dei passi indietro nell'istruzione pubblica italiana è stato fermato. Da noi, da noi tutti che ci siamo attivati e ci siamo fatti sentire, da noi che eravamo sì la vera maggioranza, da noi che avevamo dalla nostra ragioni pedagogiche, psicologiche, ma anche umane, in quanto ricordiamo che l'obbligo del maestro unico avrebbe comportato mobilità e licenziamenti di massa, verso persone anche loro con una famiglia da mantenere e col mutuo da pagare!
Oggi, giorno dello sciopero generale proclamato dalla CGIL, al quale hanno aderito alcuni Sindacati di Base, oltre che Unione degli Studenti, Unione degli Universitari, Coministi Italiani, Rifondazione Comunista e Verdi, oggi possiamo esultare che una battaglia è stata vinta.
Inoltre, non meno importante, le incandescenti proteste hanno fatto tremare la Gelmini che ha dichiarato "(...) La riforma del secondo ciclo scolastico, cioè le scuole superiori, è stata rinviata di un anno al 1 settembre del 2010."
Questa è democrazia. Quando dall'alto non ascoltano, quando dall'alto non dialogano con una maggioranza popolare evidente che grida "Non ci stiamo!", allora è pieno diritto attuare tutte le forme di protesta possibili. Sono stati costretti a guardarci loro, là dall'alto, e hanno avuto seriamente paura.
I nostri nonni, i nostri genitori, così fecero importanti conquiste nel passato. Noi oggi non siamo stati da meno.
Certo, la guerra è ancora lì, tutta da combattere.
Ma una importante battaglia è stata vinta.

lunedì 1 dicembre 2008

Una storia italiana

Qui l’inverno è ormai arrivato. Spruzzi di neve qua e là, veri e propri metri di neve sulle montagne lombarde, pioggia, clima freddo. Per uscire di casa ormai di prassi va la roba pesante: felpe o maglioni, giubbotto invernale, sciarpa, guanti, a volte ci sta bene anche un bel cappello caldo. I caloriferi sono accesi, i camini emettono fumo. Il pomeriggio una cioccolata bollente ci sta divinamente, e poi minestrone, polenta e funghi, pizzoccheri, vin Brulè…piatti che in casa mia si vedono spesso d’inverno.
E’ proprio adesso, entrati nel mese di Dicembre, che ripenso alle chiaccherate con un amico fatte l’anno scorso…
Fermata Duomo, metro rossa, Milano.
Anto è lì seduto per terra, gambe incrociate, a leggere il Metro. Di fianco a lui, accucciato e buonissimo, un pastore tedesco di un’umanità mai vista. M’avvicino e Anto mi saluta, ricambio. Il suo cane mi porge il muso e non posso non strapazzarmelo per un po’, è dolcissimo e mansueto. Poi mi siedo anch’io e inizio la chiaccherata con il mio amico.
Anto mi dice che il freddo quest’anno è micidiale, entra nelle ossa e si rende insopportabile. Dove vive lui non c’è acqua calda né riscaldamento e gli spifferi sono ovunque. La sua casa, uno dei tanti vecchi stabilimenti decadenti alla periferia di Milano.
“Tra un po’ ce ne dovremo andare” mi dice, accarezzando il suo cane che s’è rimesso accucciato di fianco a lui “Ci hanno detto che devono farci sgomberare”
Gli domando, un po’ stupidamente, se non conosce un altro posto dove stare.
Accenna un sorriso “Boh, si vedrà…”
Fa una pausa, poi riprende con tono quasi allegro “Sai, in questi giorni ero tentato anch’io di occupare, il freddo era terribile ma, sfigato come sono, il giorno che lo faccio è l’unico giorno che faranno una retata e m’arrestarebbero”
Sorrido anch’io e gli dico che se dovesse occupare farebbe benissimo. Occupare vorrebbe dire entrare in uno dei tantissimi appartamenti comunali milanesi non ancora assegnati. Parliamo ancora un po’ del più e del meno, mi dice che spera presto di poter trovare un lavoro, uno qualsiasi, perché così “Tutto pian piano si sistemerebbe. Con un lavoro tutto cambia, posso cominciare a pensare ad una vita diversa…perché io non voglio stare per sempre così”. E se le cose qui, a Milano, non migliorano “Allora penso che ce ne andiamo (lui e il suo fedele cane) a Roma. Sono stato lì per qualche mese e sono più attrezzati per quelli nella mia situazione rispetto a qui”
Gli domando se non torna per un po’ (giusto per non congelare in questo glaciale inverno e ammalarsi) a casa sua. Abbassa un po’ la testa, lo sguardo si fa triste, perso nel vuoto, in immagini che solo lui può vedere, e io mi mordo la lingua perché certe cose non dovrei domandarle. Però Anto mi risponde.
“Quest’estate ci ho fatto un salto…però voglio tornarci il meno possibile”
Anto viene dalla Sardegna, eppure non lo si direbbe perché ha perso del tutto l’accento tipico sardo. La sua è una delle tante storie di famiglie italiane sfasciate che ci sono ancora. Chissà perché, ma nella mia ingenuità non pensavo che anche in Sardegna ci fossero realtà familiari così degradate, così al limite.
Anto oggi ha 26 anni e, senza volerlo, ha la mia stassa data di nascita (a parte l’anno). Ha fatto per un po’ il militare “volontario”, è stato in Serbia, ne è uscito perché la rigidità di quella vita non riusciva più a reggerla; si pente di non aver continuato gli studi dopo la terza media.
“Oggi avrei un’occasione in più se avessi un titolo di studio…io sono disposto a fare qualunque lavoro ma spesso, quando chiedo, mi dicono che preferiscono i clandestini a me perché sono più ricattabili”
Sgrano gli occhi “E te lo dicono così apertamente?”
Abbozza un sorriso “Sì, me lo dicono così…poi altri lavori non posso farli…non so, il cameriere…non ho la possibilità di farmi sempre la doccia, di avere vestiti eleganti e puliti…capisci?”
Faccio di sì con la testa, consapevole, amareggiata.
Troppo giovane Anto, troppo “solo”, troppo bloccato dalla burocrazia per poter anche solo sperare d’avere un appoggio comunale; la lista di quelli prima di lui è lunghissima. Anto non è stupido, non ci sta a quella vita per sempre.
“Un lavoro, con un lavoro tutto si sistemerebbe” mi ripete come se fosse una preghiera.
Lui ha sì il diritto, tutto il diritto, di dirmi “Perché lo Stato non mi aiuta? Io non voglio la carità, voglio solo lavorare” … “La politica non risolve certi problemi, non ci tengo neanche ad andare a votare”: questi discorsi da lui li accetto in pieno, perché non sono i classici discorsi qualunquisti di chi fa d’un erba un fascio, di chi oltre che criticare non sa fare altro, di chi pensa che solo lui avrebbe la soluzione giusta, di chi non si mette in gioco per migliorare le cose ma sa però parlare tanto…no, Anto non è tra questi. Da lui ho imparato molto. Grazie a lui ho ragionato sul “mio” modo di fare politica, su certi aspetti…mi ha dato davvero tanto. E allora mi chiedo cosa io ho dato a lui. A parte un po’ di compagnia, io non ho potuto fare nulla. Sono in debito con Anto.
Ed oggi, entrati in Dicembre, non posso che ripensare a lui ed alle nostre chiaccherate…
La sua storia merita molto più spazio. Per oggi mi fermo qui. Magari in un altro post continuerò il racconto.
A presto Anto, a presto…