venerdì 25 luglio 2008

Certo hai ragione, la vita fugge via, ma il tempo non è altro che una dimensione...

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perchè con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perchè sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

(Eugenio Montale, Satura, Xenia II)



Per tutti quei viaggi che mi hai fatto fare stando fermi in casa, solo con la forza della tua voce e dei tuoi ricordi. Per avermi fatto viaggiare indietro nel tempo e avermi fatto conoscere un sacco di persone.
Perchè c'è chi sa far viaggiare anche anche solo a parole.
Grazie. Grazie di tutto.
Atque in perpetuum, ave atque vale...

martedì 15 luglio 2008

Buonanotte Italia...

Leonardo Sciascia disse "Il nostro è un paese senza memoria e verità. Ed io per questo cerco di non dimenticare".
Fu un ottimo scrittore, a volte scomodo, una di quelle personalità di spessore che per questo si studiano poco a scuola. Scrisse quella frase e ci azzeccò in pieno: spesso, siamo un paese senza memoria. E verità.

19-21 luglio 2001, G8 di Genova
Oggi, martedì 15 luglio 2008...

"Chiesti 76 anni. Condannati in 15 a 24. Grazie alla prescrizione nessuno pagherà.
Quindici condannati e 30 assolti dopo 11 ore di Camera di consiglio. Quando il giudice Delucchi legge la lunga sentenza sono in molti a scuotere la testa nei banchi occupati dalle parti civili e dai loro legali. Un calcolo sommario arriva a contare 24 anni complessivi comminati a un terzo dei 45 imputati, pene quasi tutte condonate, aggravanti tutte escluse. E nessuno è stato condannato per falso ideologico, l'unico reato che avrebbe resistito alla prescrizione. Una sentenza che nei fatti non riconosce le torture ma soltanto alcuni maltrattamenti specifici. La pena più alta (5 anni, 8 mesi e 5 giorni) era stata chiesta per Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia penitenziaria, responsabile della sicurezza del centro di detenzione provvisorio. Non avrebbe avuto nulla da ridire che i detenuti fossero costretti dai suoi uomini faccia al muro, in piedi: la cosiddetta posizione del cigno. Di suo si sarebbe pure levato lo sfizio di prendere a calci, pugni e manganellate alcuni degli arrestati nel corso dell'identificazione. Tra gli imputati figura, tra gli altri, Alessandro Perugini, all'epoca dei fatti vice capo della Digos di Genova, per il quale i pm avevano chiesto 3 anni e 6 mesi. E' stato condannato a 2 anni e 4 mesi. Perugini è il più famoso per il cortometraggio di cui è protagonista assoluto: lui, in borghese, che prende un paio di volte la rincorsa per sfigurare meglio un minorenne di Ostia tenuto fermo da alcuni robocop travisati" (...)

Io dovevo andare al G8 di Genova, con un'amica. Ricordi Kiki? Un "disguido" proprio dell'ultimo minuto e tutto è saltato. Mi ricordo che mio nonno mi disse "Se fossi stato un pò più giovane ti avrei accompagnato io!" E i suoi occhi brillavano mentre mi diceva quelle parole, ci teneva proprio a venire. Chissà, avrei potuto esserci io fra le mani degli sciacalli con la divisa a prendere botte su botte, a vedermi spaccare la testa, ad incassare i loro calci; o magari la mia amica. O magari mio nonno. Tanto, lo si sa bene, non hanno guardato in faccia a nessuno: donne, uomini, minorenni...tutti da braccare e pestare, con la bava alla bocca, proprio come le belve. Ho visto un bel documentario sul G8, dal titolo "Bella Ciao". Sono riuscita a vederlo solo una volta, bloccando di continuo l'immagine; stavo male, non ce la facevo a reggerlo tutto d'un botto. E v'assicuro che non erano fotomontaggi, nè casi isolati: gente caricata all'improvviso, molta della quale aveva fatto sin lì una manifestazione pacifica, picchiata con una ferocia da camicie nere, da fanatici, da persone in divisa invasate che magari si sentivano protette dall'alto (chissà chi c'era al Governo allora...). Ci mancava solo che un altro Bava Beccaris ordinasse di sparare sulla folla...
Non tutti i poliziotti e i carabinieri sono belve. Generalizzare, fare del qualunquismo, non è da me. Però in quell'occasione molti si sporcarono la coscienza di sangue, con azioni da veri picchiatori, da branco, con sevizie e torture fisiche e psicologiche.
Aspettavamo la giustizia. Di quell'Italia della Breccia di Porta Pia, di quell'Italia che sconfisse unita i nazi-fascisti, di quell'Italia che nonostante tutto mi piace.
Non è arrivata.
E l'amaro in bocca è tanto. Di più la rabbia. E la volontà di non dimenticare, mai.
L'unica consolazione, per me, è sapere che almeno esiste una giustizia divina.


giovedì 3 luglio 2008

Notizie dalla Mонгол Улс

Mongolia, lo zampino di Soros

L'Open Society Institute dietro la rivolta di Ulan Bator

Dietro la rivolta popolare che ieri ha messo a ferro e fuoco la capitale della Mongolai, Ulan Bator, c’è lo zampino di George Soros, il filantropo statunitense che per mezzo della sua organizzazione mondiale – l’Open Society Institute – ha pianificato e finanziato tutte le ‘rivoluzioni colorate’ che nei paesi ex-comunisti hanno prodotto cambi di regime a vantaggio degli interessi economici e geopolitici occidentali.

Oggi a Ulan Bator regna una calma apparente.
Si contano i morti di ieri, almeno cinque, e i feriti, centinaia, come le persone arrestate dalla polizia durante gli scontri. Il governo ha imposto lo stato d’emergenza e il coprifuoco notturno, ordinando alle forze dell’ordine di usare la forza per impedire nuove proteste. La sede centrale del Partito comunista mongolo (Mprp) e la Galleria d’arte nazionale sono stati distrutti dalle fiamme appiccate dai manifestanti. Devastati dai saccheggi tutti gli uffici governativi. La rivolta è esplosa dopo che il Partito democratico d’opposizione, guidato da Tsakhia Elbegdorj, ha disconosciuto la vittoria del partito comunista di governo alle elezioni parlamentari di domenica scorsa, dicendo che il voto è stato truccato per impedire il vero risultato, ovvero la vittoria dell’opposizione. In realtà, gli osservatori internazionali avevano giudicato regolare il voto del 29 giugno.

Un nuovo terreno di scontro tra est e ovest.
I due partiti – filo-russo e filo-cinese il comunista, più filo-occidentale e liberista il democratico – sono in disaccordo su come gestire i grandi giacimenti d’oro, rame e carbone appena scoperti sotto le steppe mongole. Per l’Occidente, un cambio di governo significherebbe la possibilità di avere concessioni di sfruttamento, che altrimenti andrebbero tutte a Russia e Cina. Inoltre, gli Stati Uniti sognano da tempo di aprire una base militare in Mongolia, strategicamente cruciale vista la sua posizione geografica. Ma questa opzione sarebbe teoricamente realizzabile solo con un governo diverso da quello attuale.
Tre mesi prima delle elezioni, il 27 e 28 maggio scorso, l’Open Society Institute ha organizzato a Ulan Bator una conferenza in vista delle elezioni, allo scopo di “preparare la società civile mongola a monitorare il voto di giugno”. Al seminario, tutto spesato dall’organizzazione si Soros, hanno partecipato i rappresentanti dell’opposizione mongola, ong locali e delegazioni straniere provenienti anche da Georgia e Ucraina, dove le rivoluzioni di piazza del 2003 e 2004 hanno portato al potere governi che hanno spalancato le loro porte agli investimenti occidentali e alla Nato.

Tratto da Peace Reporter (
http://www.peacereporter.net/)

C'è al mondo gente che crede di poter fare quello che vuole e ficca il naso in questioni che non la riguardano. Fossero poi almeno brave persone. Purtroppo non lo sono e a pagare non sono loro, perchè questa gente se ne sta nelle retrovie, manda avanti gli altri. E per cosa poi? Stupidi interessi economici, ovvero soldi. Sempre loro.
Spero con tutto il cuore che la situazione ad Ulan Bator torni tranquilla, che i legittimi vincitori (ovvero il Partito Popolare Rivoluzionario Mongolo) possano governare come spetta loro di diritto. E che l'Open Society Institute taccia per sempre.