venerdì 29 agosto 2008

29 Agosto 1991

LIBERO GRASSI (19/7/1924 - 29/8/1991)
Un eroe, un uomo, che seppe opporsi a quella schifezza che è la mafia.

Medaglia d'oro al valor civile
«Imprenditore siciliano, consapevole del grave rischio cui si esponeva, sfidava la mafia denunciando pubblicamente richieste di estorsioni e collaborando con le competenti Autorità nell'individuazione dei malviventi. Per tale non comune coraggio e per il costante impegno nell'opporsi al criminale ricatto rimaneva vittima di un vile attentato. Splendido esempio di integrità morale e di elette virtù civiche, spinte sino all'estremo sacrificio.»

venerdì 15 agosto 2008

Nuovamente in viaggio


Le nostre valigie logore stavano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo altro e più lungo cammino da percorrere ma non importa, la strada è vita...
J. Kerouac – Sulla strada

Fianalmente.
Sì, finalmente.
Di nuovo un valigia da preparare, di nuovo uno zaino da riempiere, di nuovo una macchina fotografica da utilizzare. Ma soprattutto di nuovo gente da conoscere, luoghi da vedere, storia da assaporare.

Viaggiare è sempre stato la vita per me.
Un’occasione d’oro da aspettare con dolcissima ansia, con la trepidazione che s’insinuava in ogni parte del corpo. E alla fine c’era il “dopo”: quanto bagaglio riportato a casa, quante storie, quanta cultura…sentivo che ad ogni viaggio la mente s’apriva e si riempiva di cose importantissime.
I viaggi iniziarono quand’ero piccola, su terra croata (all’epoca ancora denominata Jugoslavia), su magnifica terra croata, ricca di persone semplici e squisite, tra panorami verdi e mare cristallino. Poi ci fu il salto e via, a girare in lungo e in largo gli Stati Uniti, per poi tornare a riempire la sacca e avventurarmi su strade greche, dal Peloponneso a Rodi a Creta. Ma non bastava, mai. E col sorriso allora via per la Turchia e per le terre dei faraoni, in un Egitto caldo e magnifico, con tanti volti di bambini che furono il più bel regalo che mi portai a casa. Poi indossai la divisa da basket, prima, e da “collegiale”, dopo, e fu la volta della cugina Francia. Quindi di nuovo in Marocco e poi un salto lungo lungo fino a giungere in Brasile, una meta ambita da sempre, un viaggio in una missione (Comunidade de Açao Pastoral) che tengo ancora nel cuore e che spero di rivedere presto. Poi un po’ di tranquillità a zonzo in motorino e a piedi ancora su terra greca, Kos, e un tuffo nell’est, nella Repubblica Ceca.

Finchè tutto, improvvisamente, si fermò.

Un “stop” che non decisi io, che non volevo, al quale mi ribellai con tutte le mie forze. Fu allora che capii che “toccare il fondo” era una gran balla: non c’era fondo, si poteva andare sempre più giù, all’infinito.
Incarcerata dal mio stesso corpo, imprigionata in me stessa.
Imparai a comprendere cosa voleva dire lottare, cosa voleva dire solitudine, cosa significava avere il vuoto intorno, quale significato avessero anche le cose più semplici.
Viaggiare per me era la vita; impedendomelo, fu come togliermela.
Quante parole di disperazione buttate su fogli, quanto senso di impotenza, quante domande senza risposta. Quanta incapacità nel mondo della Medicina. E quante preghiere, quante parole rivolte là al cielo.

Finchè qualcosa è tornato a girare per il verso giusto.
Dopo quasi 3 lunghissimi anni.

Adesso ho di nuovo uno zaino, una valigia, una digitale, un viaggio.
Una Berlino che significa molto di più di una “meta”, di una “destinazione”, una Berlino che si caricherà di enorme significato per me. Potrebbe essere un nuovo inizio. E già mi lascio trascinare da un rinchiuso entusiasmo da viaggiatrice e sbircio l’atlante, internet, cataloghi, fogli, dove si parla di Brasile, di Mongolia, di Vietnam, di spedizioni in Africa…è più forte di me, non ce la faccio a non guardare!

Ok, ricomincio con la terra tedesca, ricomincio a respirare piano, con calma, con serenità, senza troppo timore.
Ricomincio da Berlino e, permettetemi, dalla “mia” Berlino Est che da sempre volli vedere. E che, anche lei, significa veramente tanto per me.
Pochi giorni ancora, e tutto si compirà…

E ho proprio voglia di gridare a squarciagola una frase del mio amico Kerouac
“Che bello il mondo! Io vado!”

lunedì 11 agosto 2008

中华人民共和国 奥运会 - Olympics Beijing 2008

Rank Name Gold Silver Bronze Total

1.China 51 21 28 100
2.United States 36 38 36 110
3.Russian Fed. 23 21 28 72
4.Great Britain 19 13 15 47
5.Germany 16 10 15 41
6.Australia 14 15 17 46
7.Korea 13 10 8 31
8.Japan 9 6 10 25
9.Italy 8 10 10 28
10.France 7 16 17 40
...
31.Mongolia 2 2 0 4
71.Vietnam 0 1 0 1

http://en.beijing2008.cn/


venerdì 8 agosto 2008

8 agosto 1956

[...] Sono tutti morti.
Queste tre parole campeggiano sulla prima pagina dei giornali di Charleroi usciti di buona mattina in edizione straordinaria, listati a lutto. Sono tutti morti. Le tre parole che la gente ripete costernata per le strade suonavano come tre funebri rintocchi sull'ultimo atto della tragedia di Marcinelle, all'alba del diciassettesimo giorno del suo inizio.

Massimo Caputo, L'ultima giornata d'attesa fu la più straziante,
Corriere della Sera, 24 agosto 1956

[...] La causa del prodursi dell'immensa bara di 262 minatori stava nelle ragioni che spingevano ad emigrare.
Ma non si cambiava linea.
L'emigrazione era una componente strutturale dell'economia italiana e in quanto tale doveva continuare ed essere incoraggiata. Il che non significava, pur dopo la catastrofe di Marcinelle, che fu meglio assistita, che i contratti bilaterali furono effettivamente rispettati, che i sindacati dei paesi d'immigrazione seppero elevarsi al di sopra della difesa degli interessi ristretti della classe operaia dei paesi indigeni.

Pasquino Crupi - La tonnellata umana, l'emigrazione calabrese 1870-1980 - Nuove Edizioni Barbaro, Bologna 1994

Era l'8 Agosto, era una giornata come tante.
L'allarme rieccheggiò alle 8.25.
Il panico e la paura si diffusero tra le mogli, i figli, i parenti, di tutti quelli che lì, nell'inferno profondo della miniera, avevano una persona cara. Poi iniziò l'attesa, carica di terrore, di speranza.
I minatori rimasero senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas. Le operazioni di salvataggio furono disperate fino al 23 agosto quando uno dei soccorritori pronunciò in italiano: "Tutti cadaveri!".

262 morti. 136 italiani.


I nostri Caduti, ragazzi di 20 anni e uomini di grande speranza, cacciati in quella miniera di sepolti vivi a lavorare come bestie in cunicoli non più alti di 50 cm. Su una porta della Galleria a quota 1.035, fu trovata una scritta "Fuggiamo davanti al fumo. Siamo una cinquantina". Qull'uomo che la scrisse non sapeva ancora del tragico destino che li aspettava.
Venivano da tutta Italia: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Veneto.

Già, allora gli emigrati eravamo noi...
Come il titolo del libro di Gian Antonio Stella "L'orda - quando gli albanesi eravamo noi". Sono innumerevoli le analogie tra il nostro passato di emigrati e il presente di quelli che vengono da noi. Sono stati i nostri emigrati a sperimentare per primi la connessione rigida tra il possesso di un contratto di lavoro e la possibilità di risiedere in uno Stato estero. Così come gli attuali immigrati stranieri in Italia, i nostri emigrati in Francia, in Germania, in Belgio, erano lavoratori di serie C. Per esempio, non erano rari cartelli fuori dai negozi o dai bar che dicevano "Vietato l'ingresso agli italiani", per non parlare dei diritti e della sicurezza sul lavoro, quasi inesistente verso di noi.

Peccato che ce ne siamo dimenticati...veramente peccato...
Ma Marcinelle starà sempre lì, immobile, indistruttibile, a fissarci, silenziosa.