venerdì 8 agosto 2008

8 agosto 1956

[...] Sono tutti morti.
Queste tre parole campeggiano sulla prima pagina dei giornali di Charleroi usciti di buona mattina in edizione straordinaria, listati a lutto. Sono tutti morti. Le tre parole che la gente ripete costernata per le strade suonavano come tre funebri rintocchi sull'ultimo atto della tragedia di Marcinelle, all'alba del diciassettesimo giorno del suo inizio.

Massimo Caputo, L'ultima giornata d'attesa fu la più straziante,
Corriere della Sera, 24 agosto 1956

[...] La causa del prodursi dell'immensa bara di 262 minatori stava nelle ragioni che spingevano ad emigrare.
Ma non si cambiava linea.
L'emigrazione era una componente strutturale dell'economia italiana e in quanto tale doveva continuare ed essere incoraggiata. Il che non significava, pur dopo la catastrofe di Marcinelle, che fu meglio assistita, che i contratti bilaterali furono effettivamente rispettati, che i sindacati dei paesi d'immigrazione seppero elevarsi al di sopra della difesa degli interessi ristretti della classe operaia dei paesi indigeni.

Pasquino Crupi - La tonnellata umana, l'emigrazione calabrese 1870-1980 - Nuove Edizioni Barbaro, Bologna 1994

Era l'8 Agosto, era una giornata come tante.
L'allarme rieccheggiò alle 8.25.
Il panico e la paura si diffusero tra le mogli, i figli, i parenti, di tutti quelli che lì, nell'inferno profondo della miniera, avevano una persona cara. Poi iniziò l'attesa, carica di terrore, di speranza.
I minatori rimasero senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas. Le operazioni di salvataggio furono disperate fino al 23 agosto quando uno dei soccorritori pronunciò in italiano: "Tutti cadaveri!".

262 morti. 136 italiani.


I nostri Caduti, ragazzi di 20 anni e uomini di grande speranza, cacciati in quella miniera di sepolti vivi a lavorare come bestie in cunicoli non più alti di 50 cm. Su una porta della Galleria a quota 1.035, fu trovata una scritta "Fuggiamo davanti al fumo. Siamo una cinquantina". Qull'uomo che la scrisse non sapeva ancora del tragico destino che li aspettava.
Venivano da tutta Italia: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Veneto.

Già, allora gli emigrati eravamo noi...
Come il titolo del libro di Gian Antonio Stella "L'orda - quando gli albanesi eravamo noi". Sono innumerevoli le analogie tra il nostro passato di emigrati e il presente di quelli che vengono da noi. Sono stati i nostri emigrati a sperimentare per primi la connessione rigida tra il possesso di un contratto di lavoro e la possibilità di risiedere in uno Stato estero. Così come gli attuali immigrati stranieri in Italia, i nostri emigrati in Francia, in Germania, in Belgio, erano lavoratori di serie C. Per esempio, non erano rari cartelli fuori dai negozi o dai bar che dicevano "Vietato l'ingresso agli italiani", per non parlare dei diritti e della sicurezza sul lavoro, quasi inesistente verso di noi.

Peccato che ce ne siamo dimenticati...veramente peccato...
Ma Marcinelle starà sempre lì, immobile, indistruttibile, a fissarci, silenziosa.

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