è giunta l'ora di riprendere in mano la tastiera e ricominciare a scrivere. Non che le cose nella mia vita si siano sistemate, ma la voglia di raccontare è più forte. Così, non con poca fatica, mi sto rialzando e ritorno tra voi. Via avviso che per vari motivi non riuscirò ad essere molto costante nè con i miei post nè a commentarvi, ma farò del mio meglio.
Voglio ripartire con una storia vera, la storia di un amico accaduta circa due settimane fa.
Se avete un pò di tempo, ascoltatela.
Salvatore oggi ha una famiglia, è un padre felicemente sposato, con una casa che non è una reggia, ma è pur sempre di sua proprietà. La sua storia assomiglia a quella di tanti che come lui un giorno fecero le valige e dal Sud vennero al Nord in cerca di lavoro. Lui lo fece quando aveva 14 anni. Preparò la valigia, lasciò la sua Napoli dai mille volti, salutò i genitori, i fratelli, gli amici, e partì con quel treno che sapeva di nostalgia e povertà. Era ancora quella l'epoca dei cartelli "Non si affitta ai terroni". Non fu facile, ma Salvatore aveva voglia di fare, e non si arrese alle innumerevoli difficoltà che gli si pararono davanti. Non voleva la via più facile, troppe persone aveva visto a Napoli cadere nelle mani della mafia. Lui voleva un futuro diverso. Così, anno dopo anno, è riuscito a diventare muratore e a prendere anche varie specializzazioni.
Ma nel lavoro, si sa, gli incidenti sono dietro l'angolo, una lista infinita che grida nel silenzio dei media. Gli andò bene qualche anno fa: cadde da un'impalcatura, si fratturò varie ossa, ma si rimise in piedi.
Poi arrivò un giorno preciso di un mese preciso; due settimane fa, come vi dicevo.
Salvatore è in un grosso tubo, dall'alto gli calano cerchi di cemento da allineare e saldare. Tutto va normalmente. Poi dall'alto sente delle urla concitate. E' questione d'un secondo. Una valanga di terra lo sommerge. E' la morte, pensa, oggi è arrivata la fine. Riapre gli occhi. Non chiedetemi come, ma una sorta di bolla d'aria s'è creata intorno alla sua testa. A fatica, ma Salvatore, sotto quella terra, respira. I minuti diventano ore. Pensi che è questione di attimi, che morirai, eppure vorresti con tutte le tue forze vivere. Con uno sforso immane, con la mano e il polso fratturati, Salvatore alza un braccio nella terra: pensa, spera, che almeno così potranno trovarlo prima.
I suoi colleghi sono ai margini del grande tubo, e dall'alto lo chiamano a gran voce, ma si vede solo terra. C'è chi ha avvisato i soccorsi, chi pensa a come fare per tirarlo fuori di lì. Perchè non è semplice: della terra è in bilico e a saltare dentro si rischia di essere sommersi in qualunque momento. Ma in una manciata di minuti due colleghi fanno la loro scelta. Senza indugiare, saltano dentro e a mani nude inziano a scavare. Trovano la mano, ok, quello è il punto. A braccia, tirano fuori Salvatore. E' ammaccato, sotto choc, ma vivo.
Due angeli rumeni hanno salvato il mio amico.
6 commenti:
Questo perchè quando si suda insieme per un tozzo di pane, non esistono nazionalità. Ci si ricorda tutti, davvero tutti, di essere fratellei. Ben tornata cara :*
Ciao Aly, prima di tutto Bentornata anche da me ^^
Quello che hai raccontato per me rappresenta non un atto eroico ma un gesto spontaneo di solidarietà umana, purtroppo sempre più rara.
Questo perché troppo spesso siamo inondati dai media con messaggi che stanno portano la razza umana, in particolar modo gli italiani, verso un egoismo becero e preoccupante.
Insomma una versione DISTORTA del motto: Chi si fa gli affari suoi campa 100 anni ...
Un saluto a Salvatore e ai due amici rumeni :)
Aly bentornata. Io sono convinta che di storie così siano piene le giornate di tutti quelli che lavorano rischiando la vita al fianco di altri. Perchè lì ancora si sa cosa voglia dire stare insieme.
Grazie Maraptica, grazie Raimondo, grazie Metropol ;)
eh sì, sentirsi fratelli nei veri momenti di bisogno..questi sn gli eroi moderni..
Bentornata e grazie di averlo fatto in questo modo in questo modo e con questo racconto!
Un abbraccio
@chit: grazie a te ;)
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