martedì 14 ottobre 2008

Che le stelle ti guidino sempre

Il rombo d'un aereo che sorvola il cielo, lasciando una scia bianca fra l'azzurro.
I miei occhiali che s'appannano; li tolgo, li pulisco, m'asciugo gli occhi.

Manu è partita, ieri.
E il vuoto dentro di me è palpabile.

E' partita per il Madagascar ma non per vacanza, non per lavoro. Per una sorta di "missione", con una ONLUS, Amici di Ampasilava; e non starà via 2, 3 settimane, 1 mese, no...
Sarà lungo Manu, sarà lunghissimo 1 anno senza corrispondere con te, senza le tue parole sempre così profonde, mai scontate. Ricordi cosa ti scrissi? Quelle parole di Kerouac, nelle queli io ti vedevo un sacco: "Le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d'artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno «Oooooh!»". Così è Manu per me. Anche lei viaggiatrice insaziabile, con quella voglia di andare, di andare sempre oltre, di aiutare, di scoprire.
Risuonano ancora in me le parole di una sua ultima e-mail: "Io vado, vado anche per te e per voi tutti che non potete, per un motivo o per l'altro...perché siete in tanti davvero a trovare quello che voglio fare una grande cosa...e questo mi da forza per andare avanti (...) E così vado, vado per chi non può perché ha famiglia, per chi ha fatto altre scelte, per chi é malato e non può più farlo, e per chi vorrebbe aiutare ma non ha il coraggio di una scelta così drastica (...) Vado anche per chi pensa che tanto non cambierà niente se vado (...) E poi vado anche per chi non c'é più e non ha più la possibilità d'andare da nessuna parte, perché ci ha lasciato troppo presto...e non ha fatto in tempo a vedere tante cose di questo mondo"
L'incontro con Manu fu un pò insolito: ci incontrammo in Brasile, a Pouso Alegre, in una "missione", un Centro formato da asilo nido, asilo, scuola, dormitorio e oratorio, costruito da un missionario italiano, di quelli che si rimboccano le maniche e scelgono di stare con gli ultimi. Kiki ed io appena arrivate, lei già sulla via del ritorno: 3-4 giorni ancora e poi partì per la sua Svizzera.
Ritornata anch'io a casa, cominciammo la nostra corrispondenza che, nonostante siano passati gli anni, non è ancora terminata. Anche se non ci siamo più viste (solo un'altra volta che, sfiga vuole, lei era qui nelle mie zone ed io ero in Ospedale..>.>..) ci siamo scoperte via lettera, ci siamo conosciute e abbiamo notato come fossimo sulla stessa linea d'onda.
Non è stata la distanza ad impederci un'amicizia.
E anche ora, non saranno certo Km e Km di lontananza a farmi dimenticare di te, Manu, non sarà il non poterci più scrivere per un anno...che poi, conoscendoti, non mi stupirei certo se 1 anno diventassero 2 ^^
Ma hai fatto bene Manu, te lo dissi, vai, vai e ancora vai, perchè il viaggio è un qualcosa di magnifico, di unico, una ricchezza fantastica e preziosa...
"– Dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo.
– Per andare dove, amico?
– Non lo so, ma dobbiamo andare."
Vai Manu, con quella tua solarità che ti distinge, con la tua allegria, con la tua voglia di fare e anche con quella tristezza che ti porti dentro (come penso ognuno di noi...) ma che non ti ferma.
Per parlarci l'abbiam detto, guarderemo il cielo e lasceremo che i pensieri vadano liberi.
Tu, sotto il cielo del Madagascar, sotto un cielo che m'immagino d'un blu intenso; io, sotto il cielo dell'Italia, della Brianza, sotto un cielo forse violentato troppo dalle luci artificiali.
Scrutando il cielo, ci parleremo, come sempre.
E ti saluto, ti saluto Manu, con le parole dei Modena City Ramblers che mi sembrano le più adatte:
"Buon viaggio hermano querido!/E buon cammino ovunque tu vada/forse un giorno potremo incontrarci di nuovo/lungo la strada".
A presto Manu.

martedì 7 ottobre 2008

Stop Columbus Day

Conoscete il Columbus Day?

E' una festa che si celebra in America per ricordare l'arrivo di Cristoforo Colombo nel "Nuovo Mondo" nel 1942; a partire dal 1971 fu proclamata festa nazionale degli Stati Uniti.
Non ho nulla contro la scoperta di Colombo, fatto storico immodificabile, ma ho qualcosa da dire contro questa celebrazione.
Prima di tutto sarebbe bene ricordare che la "scoperta", in realtà scoperta non fu: i primi a sbarcare sulle coste canadesi furoni i Vichinghi nel 1100 d.C. e le prove si possono vedere in quanto permangono i resti del loro primo villaggio chiamato l'Anse aux Meadows (riconosciuto dall'UNESCO).
Ma andando oltre a ciò, c'è da dire che anche i Nativi Americani festeggiano questo giorno, come un giorno di lutto.
Perchè per loro fu l'inizio della fine.
Non ci fu tolleranza, non ci fu integrazione, non ci fu dialogo, non ci furono scambi culturali e civili: ci fu solo un genocidio da parte di arroganti colonizzatori. Distruzione fisica e culturale, riserve ed alienazione per i superstiti. Celebrare il Columbus Day vorrebbe dire dimenticare tutto questo, dimenticare quegli orrori mai del tutto ammessi, che attualmente anche sui libri di storia americani non vengono proprio ricordati, vorrebbe dire dimenticare il loro inquadramento dentro schemi occidentali che non appartenevano loro: obbligati dentro a certi vestiti, obbligati dentro certe case, obbligati a una certa religione, obbligati a certe scuole. Non ci fu un'arricchimento (e quanto poteva essercene!) reciproco. No. Solo annientamento da parte di quegli uomini che venivano dal mare.
Ma c'è di più: la violenza verso i Nativi è continuata, anno dopo anno, anche tutt'oggi. Oggi che i Nativi e varie Associazioni protestano distribuendo volantini dove spiegano le ragioni del loro dissenso, dove fanno sit in di protesta, e vengono arrestati in massa. Festeggiare il Columbus Day equivarrebbe a dire "Va tutto bene, W gli Usa!".
No, non va tutto bene.
Permettetemi d'essere arrabbiata, permettetemi di avere il sangue che ribolle.
I Nativi sono stati schiavizzati, torturati, violentati, oggi vivono nelle riserve, in mezzo al deserto, chissà perchè hanno meno diritti rispetto agli altri.

Ora spiegatemi, cosa c'è da festeggiare?

Per firmare la petizione "Stop Columbus Day" vi invito a questo sito:
http://www.nativiamericani.it/


giovedì 2 ottobre 2008

Giornata internazionale della Non-Violenza

Il 2 Ottobre è il giorno in cui nacque Mahatma Gandhi. Il 2 Ottobre è stato scelto come data per proclamare la Giornata internazionale della NonViolenza (International day of NonViolence - أيام الدولية لا عنف - Международное дней нет насилие - 国际餐厅 天 否 暴力). Voglio essere sincera: in alcune situazioni per me è molto difficile appoggiare o attuare questo principio. Ma grande è la stima che ho per tutti coloro che riescono a metterlo in pratica, pagando, spesso, sulla propria pelle. Da Gandhi ad Aldo Capitini a Martin Luther King a Ibrahim Rugova alle numerose Comunidade de Paz colombiane.
In questo video, un tributo a tutti loro e a tutti i non-violenti che la storia non ha ricordato.


lunedì 29 settembre 2008

Ecuador: aplastante triunfo de proyecto de Correa!

El presidente Rafael Correa aseguró que "Ecuador ha decidio un nuevo país!", al darle un contundente a la nueva Constitución impulsada por su gobierno. Los ecuatorianos aprobaron ayer por una sólida mayoría la nueva Constitución.

http://www.telegrafo.com.ec

sabato 27 settembre 2008

Ecuador: il referendum della speranza

Domenica 28 settembre.
Una data che difficilmente si dimenticherà in Ecuador.
Sul tavolo c'è l'approvazione della nuova Carta Costituzionale: riconquista della sovranità nazionale (da decenni minacciata da interessi economici di multinazionali senza scrupoli), installazione di basi egualitarie per avviarsi verso uno sviluppo sostenibile, rafforzamento delle regole ambientali per lo svolgimento delle attività produttive, principio di non discriminazione, della parità di genere e riconoscimento della plurinazionalità di uno Stato, suffragio universale; come ha spiegato Franklin Ramirez Gallegos, di Le Monde Diplomatique "In gioco domenica c’è la continuità della trasformazione della matrice del potere sociale, in una direzione in cui le forze sociali popolari possano sostenere politicamente la propria esperienza organizzativa, riempire di contenuti democratici le loro proposte costituzionali e continuare nella lotta in nome del desiderio di cambiamento". Ricordiamo che l'attuale Costituzione dell'Ecuador nacque nel 1998 sotto uno stato militare, senza l'opinione del popolo.
Adelante Rafael Correa !!! Faccio il tifo per te!!!

mercoledì 24 settembre 2008

Una gran voglia di cambiar aria...

E’ un periodo pieno.
Forse troppo. Decisamente.
Tra l’Università, i lavoretti qua e là, l’impegno politico e un po’ di problemi con la salute, mi sento stanca. Poi ci sono le notizie dei giornali, dei TG, i problemi quotidiani della mia vita e del mondo dai quali non riesco a distaccarmi, non riesco a prendere le dovute distanze; e così le ansie, le proeccupazioni, le incazzature aumentano.
Vorrei uno stacco.
Radicale. Anche per poche settimane.
Ma questa volta non in una capitale ricca di vita, non nel caos di una metropoli come, per esempio, Nairobi, non in un tour per conoscere, scoprire genti, culture diverse…no, questa volta no…
Vorrei un posto calmo, tranquillo, isolato, senza TV, senza cemento, senza preoccupazioni…
Sapete dove vorrei essere?
In Polinesia.
Conoscete la Polinesia?
La Polinesia (Francese - Plynesie Francaise) è una costellazione di 118 isole, raggruppate in cinque arcipelaghi, che politicamente appartengono alla Francia. Il più importante e conosciuto è quello delle Isole della Società: Tahiti, Moorea, Tetiaroa, Huanine e Bora Bora. Il secondo è l’arcipelago delle Tuamotu costituito da 80 atolli tra cui le isole Rangiroa e Manihi. Infine l’arcipelago delle Marchesi, le Australi e le Gambier.
Il nome Polinesia deriva dal greco antico πολύς e νησος, cioè tante isole.
Fino al 1880 la Francia non esercitò pienamente la sua sovranità sulle isole, cominciò a farlo all’inizio del XX. A partire dal 1856 iniziarono però grandi ondate d’immigrazione verso i territori polinesiani. S'installarono inizialmente delle piccole colonie di popolazioni melanesiane e cinesi. Tra il 1964 e il 1973 venne a poco a poco concessa la nazionalità a questi nuovi abitanti. Sembra che la popolazione polinesiana sia un incrocio tra diverse razze, provenienti da India, Malesia, Cina, Giappone, Arabia, Egitto, Caucaso, Antartide e perfino Germania e Norvegia.
Le isole polinesiane si distinguono in alte e basse.
Le isole basse presentano una struttura morfologica originata da secoli di erosione; offrono al visitatore un panorama veramente unico, caratterizzato dalla presenza di attolli sparsi in lagune le cui acque calde sono popolate da milioni di pesci di ogni specie, coralli, tartarughe giganti e delfini. Le isole alte sono invece caratterizzate da aspri picchi di origine vulcanica. Oltre ad offrire una fitta e rigogliosa vegetazione, le isole alte presentano lunghe spiagge dalle sabbie nere, di origine basaltica, oppure bianche, di sabbia corallina. La varietà di colori presenti in queste isole è veramente notevole: il blu dell’oceano, le sfumature di giallo e rosso dei romantici tramonti, il verde della vegetazione...
Le isole polinesiane presentano un clima complessivamente mite, rinfrescato dalla costante presenza degli Alisei del Pacifico. Poi c’è la cucina, dato non meno rilevante: molto gustosa pur utilizzando prodotti semplici, come verdura, frutta, pesce e carne di maiale. I cibi vengono cotti prevalentemente arrosto oppure in forni scavati nella terra (chiamati himaa), che conferiscono alle pietanze un sapore davvero particolare. Poi ci sono deliziosi frutti di mare e crostacei, pesce fresco dell’Oceano Pacifico, magari accompagnato da riso e salse a base di cocco. E che dire delle freschissime spremute e dei succhi di frutta! E della birra, la Hinano Beer!
Sì, è perfetto…
Svegliarsi alla mattina e non sentire auto, udire solo il lieve rumore delle onde, fare colazione guardando il mare e vivere la notte camminando sulla spiaggia con il silenzio e il cielo blu intenso come dolci compagni. E non indossare più scarpe, avere i piedi nudi, liberi, che fanno riassaporare il gusto del procedere tranquillo e pacifico, con gli occhi poi che spaziano su paesaggi infiniti e aperti, non chiusi dal cemento.
Cosa darei per partire, subito…

lunedì 15 settembre 2008

15 Settembre 1993

PADRE PINO PUGLISI (15/9/1973 - 15/9/1993)

Uomo di grande coraggio e fede, che lavorò nel quartiere Brancaccio e in meno di due anni riuscì a costruire un Centro di accoglienza, coadiuvato da un gruppetto di volontari; giorno dopo giorno raccolse dalla strada decine di bambini e ragazzi, sottraendoli alla mafia. Proprio da quest'ultima fu ucciso, in modo codardo e vile.
Rendiamo onore alla sua memoria. Rendiamogli onore, alla luce del sole.

Racconti in bottiglia

Mi sono messa a pulire camera e, tra i mille fogli scritti che ho sparsi nei cassetti e negli armadi, uno ha attirato la mia attenzione. Si legge poco, è scritto in matita, su un foglio stropicciato e tutto spiegazzato. Con curiosità l’ho aperto bene e l’ho letto. Non ricordo se sono stata io a scriverlo anni fa rifacendomi a fatti reali, non so se me l’ha scritto un’amica, non so se è un semplice racconto inventato…non ricordo…
Se non vi spiace, ve lo riporto.

Ricordi?
I giorni trascorsi a ridere, a giocare, con te che mi tenevi in braccio e io che ti chiedevo di co
ntinuo di raccontarmi, di raccontarmi tutto, perché quel tuo lavoro m’appariva fantastico…chissà, forse era il fascino della divisa, l’uniforme scura…e ricordi? Quando mi regalasti un cappello come il tuo e io lo indossai subito e mi cascò sugli occhi…ridemmo, ridemmo di gusto…”Da grande mi andrà bene” dissi… Ricordi?
Io che ti consideravo un fratello maggiore da stimare, da guardare a bocca aperta quando mi raccontavi degli inseguimenti, di ciò che ti capitava…lì, lì a Bergamo, quella Bergamo dove tu lavoravi e solo per questo magnifica per me…
Ricordi?
Il tempo è passato come una folata di vento, e tra il vento ho continuato a costruire la mia vita, a costruire me stessa…anche se quel vento ci ha allontanati, ognuno sulla propria strada...

Poi, un giorno, ho risentito una folata di vento che sapeva di salsedine, e ho sentito le onde del mare…questione d’un attimo…mi sono ridestata e ho chiesto “Siamo arrivati?” “Sì, sì, Genova, siamo arrivati”
E non so bene cos’è successo, i ricordi sono un pò annebbiati, il mio viso è ancora solcato dalle lacrime, e la mia coscienza reclama ancora giustizia…
E le mie orecchie…cos’hanno sentito lì a Genova, tra i vicoli, tra la polvere, tra le strade…e i miei occhi…
Ricordi?
Io non so tu cos'hai pensato in quei momenti, tu non sai cosa pensavo io…questione d’un attimo…d’una folata di vento…del destino…tu che dici? Che mi dici?
Ricordi?
Io col
volto coperto, incazzata…
Poi una carica, una corsa senza fine sulle strade della battaglia, e una mano che m’ha afferrata, più mani, un colpo secco alla gamba…il tempo di vedere delle divise, di provare rabbia, paura…e io che con l’aiuto di qualcuno mi slegavo da quelle prese da squalo, che correvo stringendo il dolore tra i denti…e io che mi voltavo, un attimo, la sciarpa caduta, e fissavo quell’unica divisa che m’aveva inseguita…che si bloccava…a pochi passi…che si toglieva il casco e che mostrava il volto…
Ricordi cos’hai provato quando m’hai vista?
Io lo ricordo, bene.
Ci siamo fissati attoniti, increduli, stupiti…pieni di malinconia…
Tu m’hai chiamata, con la voce spezzata dalle lacrime…e i ricordi passati sono tornati alla ribalta di colpo…anch’io in lacrime…ma ho voltato le spalle e ho corso, con la tua dolce, dolcissima voce che mi chiamava…che mi chiamava come quand’ero piccola, e mi vedevi arrivare a casa tua…
Ricordi?

venerdì 29 agosto 2008

29 Agosto 1991

LIBERO GRASSI (19/7/1924 - 29/8/1991)
Un eroe, un uomo, che seppe opporsi a quella schifezza che è la mafia.

Medaglia d'oro al valor civile
«Imprenditore siciliano, consapevole del grave rischio cui si esponeva, sfidava la mafia denunciando pubblicamente richieste di estorsioni e collaborando con le competenti Autorità nell'individuazione dei malviventi. Per tale non comune coraggio e per il costante impegno nell'opporsi al criminale ricatto rimaneva vittima di un vile attentato. Splendido esempio di integrità morale e di elette virtù civiche, spinte sino all'estremo sacrificio.»

venerdì 15 agosto 2008

Nuovamente in viaggio


Le nostre valigie logore stavano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo altro e più lungo cammino da percorrere ma non importa, la strada è vita...
J. Kerouac – Sulla strada

Fianalmente.
Sì, finalmente.
Di nuovo un valigia da preparare, di nuovo uno zaino da riempiere, di nuovo una macchina fotografica da utilizzare. Ma soprattutto di nuovo gente da conoscere, luoghi da vedere, storia da assaporare.

Viaggiare è sempre stato la vita per me.
Un’occasione d’oro da aspettare con dolcissima ansia, con la trepidazione che s’insinuava in ogni parte del corpo. E alla fine c’era il “dopo”: quanto bagaglio riportato a casa, quante storie, quanta cultura…sentivo che ad ogni viaggio la mente s’apriva e si riempiva di cose importantissime.
I viaggi iniziarono quand’ero piccola, su terra croata (all’epoca ancora denominata Jugoslavia), su magnifica terra croata, ricca di persone semplici e squisite, tra panorami verdi e mare cristallino. Poi ci fu il salto e via, a girare in lungo e in largo gli Stati Uniti, per poi tornare a riempire la sacca e avventurarmi su strade greche, dal Peloponneso a Rodi a Creta. Ma non bastava, mai. E col sorriso allora via per la Turchia e per le terre dei faraoni, in un Egitto caldo e magnifico, con tanti volti di bambini che furono il più bel regalo che mi portai a casa. Poi indossai la divisa da basket, prima, e da “collegiale”, dopo, e fu la volta della cugina Francia. Quindi di nuovo in Marocco e poi un salto lungo lungo fino a giungere in Brasile, una meta ambita da sempre, un viaggio in una missione (Comunidade de Açao Pastoral) che tengo ancora nel cuore e che spero di rivedere presto. Poi un po’ di tranquillità a zonzo in motorino e a piedi ancora su terra greca, Kos, e un tuffo nell’est, nella Repubblica Ceca.

Finchè tutto, improvvisamente, si fermò.

Un “stop” che non decisi io, che non volevo, al quale mi ribellai con tutte le mie forze. Fu allora che capii che “toccare il fondo” era una gran balla: non c’era fondo, si poteva andare sempre più giù, all’infinito.
Incarcerata dal mio stesso corpo, imprigionata in me stessa.
Imparai a comprendere cosa voleva dire lottare, cosa voleva dire solitudine, cosa significava avere il vuoto intorno, quale significato avessero anche le cose più semplici.
Viaggiare per me era la vita; impedendomelo, fu come togliermela.
Quante parole di disperazione buttate su fogli, quanto senso di impotenza, quante domande senza risposta. Quanta incapacità nel mondo della Medicina. E quante preghiere, quante parole rivolte là al cielo.

Finchè qualcosa è tornato a girare per il verso giusto.
Dopo quasi 3 lunghissimi anni.

Adesso ho di nuovo uno zaino, una valigia, una digitale, un viaggio.
Una Berlino che significa molto di più di una “meta”, di una “destinazione”, una Berlino che si caricherà di enorme significato per me. Potrebbe essere un nuovo inizio. E già mi lascio trascinare da un rinchiuso entusiasmo da viaggiatrice e sbircio l’atlante, internet, cataloghi, fogli, dove si parla di Brasile, di Mongolia, di Vietnam, di spedizioni in Africa…è più forte di me, non ce la faccio a non guardare!

Ok, ricomincio con la terra tedesca, ricomincio a respirare piano, con calma, con serenità, senza troppo timore.
Ricomincio da Berlino e, permettetemi, dalla “mia” Berlino Est che da sempre volli vedere. E che, anche lei, significa veramente tanto per me.
Pochi giorni ancora, e tutto si compirà…

E ho proprio voglia di gridare a squarciagola una frase del mio amico Kerouac
“Che bello il mondo! Io vado!”

lunedì 11 agosto 2008

中华人民共和国 奥运会 - Olympics Beijing 2008

Rank Name Gold Silver Bronze Total

1.China 51 21 28 100
2.United States 36 38 36 110
3.Russian Fed. 23 21 28 72
4.Great Britain 19 13 15 47
5.Germany 16 10 15 41
6.Australia 14 15 17 46
7.Korea 13 10 8 31
8.Japan 9 6 10 25
9.Italy 8 10 10 28
10.France 7 16 17 40
...
31.Mongolia 2 2 0 4
71.Vietnam 0 1 0 1

http://en.beijing2008.cn/


venerdì 8 agosto 2008

8 agosto 1956

[...] Sono tutti morti.
Queste tre parole campeggiano sulla prima pagina dei giornali di Charleroi usciti di buona mattina in edizione straordinaria, listati a lutto. Sono tutti morti. Le tre parole che la gente ripete costernata per le strade suonavano come tre funebri rintocchi sull'ultimo atto della tragedia di Marcinelle, all'alba del diciassettesimo giorno del suo inizio.

Massimo Caputo, L'ultima giornata d'attesa fu la più straziante,
Corriere della Sera, 24 agosto 1956

[...] La causa del prodursi dell'immensa bara di 262 minatori stava nelle ragioni che spingevano ad emigrare.
Ma non si cambiava linea.
L'emigrazione era una componente strutturale dell'economia italiana e in quanto tale doveva continuare ed essere incoraggiata. Il che non significava, pur dopo la catastrofe di Marcinelle, che fu meglio assistita, che i contratti bilaterali furono effettivamente rispettati, che i sindacati dei paesi d'immigrazione seppero elevarsi al di sopra della difesa degli interessi ristretti della classe operaia dei paesi indigeni.

Pasquino Crupi - La tonnellata umana, l'emigrazione calabrese 1870-1980 - Nuove Edizioni Barbaro, Bologna 1994

Era l'8 Agosto, era una giornata come tante.
L'allarme rieccheggiò alle 8.25.
Il panico e la paura si diffusero tra le mogli, i figli, i parenti, di tutti quelli che lì, nell'inferno profondo della miniera, avevano una persona cara. Poi iniziò l'attesa, carica di terrore, di speranza.
I minatori rimasero senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas. Le operazioni di salvataggio furono disperate fino al 23 agosto quando uno dei soccorritori pronunciò in italiano: "Tutti cadaveri!".

262 morti. 136 italiani.


I nostri Caduti, ragazzi di 20 anni e uomini di grande speranza, cacciati in quella miniera di sepolti vivi a lavorare come bestie in cunicoli non più alti di 50 cm. Su una porta della Galleria a quota 1.035, fu trovata una scritta "Fuggiamo davanti al fumo. Siamo una cinquantina". Qull'uomo che la scrisse non sapeva ancora del tragico destino che li aspettava.
Venivano da tutta Italia: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Veneto.

Già, allora gli emigrati eravamo noi...
Come il titolo del libro di Gian Antonio Stella "L'orda - quando gli albanesi eravamo noi". Sono innumerevoli le analogie tra il nostro passato di emigrati e il presente di quelli che vengono da noi. Sono stati i nostri emigrati a sperimentare per primi la connessione rigida tra il possesso di un contratto di lavoro e la possibilità di risiedere in uno Stato estero. Così come gli attuali immigrati stranieri in Italia, i nostri emigrati in Francia, in Germania, in Belgio, erano lavoratori di serie C. Per esempio, non erano rari cartelli fuori dai negozi o dai bar che dicevano "Vietato l'ingresso agli italiani", per non parlare dei diritti e della sicurezza sul lavoro, quasi inesistente verso di noi.

Peccato che ce ne siamo dimenticati...veramente peccato...
Ma Marcinelle starà sempre lì, immobile, indistruttibile, a fissarci, silenziosa.