domenica 10 giugno 2012

UN monitors reach Qubair massacre site but find no sign of who did it

Per la versione in italiano clicca qui
For the Chinese version click here

UN observers have reached Qubair where signs of a massacre are everywhere. However, there are no telltale signs of who might have carried it out, how and what the number of victims is.
The group of 25 UN observers reached the village mid-afternoon yesterday, along with a BBC reporter who described a "remarkably appalling scene" of burned homes containing pools of blood and bits of human flesh.
According to the anti-Assad opposition, Syrian troops and pro-Assad Shabiba militias were responsible for the killing of 78 people, including women and children.
The government has said instead that nine people were killed by "terrorists", the term it uses for all regime opponents.
Few bodies were found in the village. For a local man, military lorries came in after the slaughter and took them away.
"We found burned homes, and at least one burnt with bodies inside," Sausan Ghosheh, spokeswoman for the UN observers, said in her account posted yesterday on the mission's website.
"Residents from neighbouring villages came to speak to us, but none of them were witness to the killings on Wednesday," Ghosheh said. "The circumstances surrounding this incident are yet not clear, and we have not yet been able to verify the numbers."
The Qubair attack follows the massacre of 108 people in Houla on 25 May.
Syria's opposition also blamed this massacre on army soldiers and Shabiba militias. The government blamed "terrorists" trying to sink the peace plan brokered by Kofi Annan, the United Nations-Arab League special envoy.
Other observers like Chandra Muzaffar, president of International Movement for a Just World, doubt that Assad is behind these massacres. For the latter, the Annan plan is the only way for Assad to stay in power.
Many in the international community are pushing for Assad's removal. Saudi Arabia and Qatar and, according to the Washington Post, the United States want Assad out, and are arming the opposition as well as extremist groups linked to al-Qaeda and Salafis.
Three car bombs exploded yesterday in Idlib, Rif Dimashq and Qudssaya, near Damascus, killing police, security forces and civilians.
The United States and Great Britain are putting also pressure on China and Russia, Syria's allies, to topple Assad.
Former British Foreign Secretary Lord Owen has urged Turkey to lead a NATO threat to intervene in Syria as a way of ending the "devastating" impotence of the international community.
For Kofi Annan, "Syria can quickly go from a tipping point to a breaking point. The danger of a full-scale civil war is imminent and real, with catastrophic consequences for Syria and the region".

domenica 6 maggio 2012

Ciao Mister ...

Ciao Mister ... sì, Mister, perchè era così che ti chiamavo e che ho continuato a chiamarti. Allenatore, coach, gli altri nomi, ma Mister era quello da me più usato, quello che incarnava la tua persona.
Quanti anni insieme? Tanti, eppure troppo pochi. Più che una squadra di basket eravamo una famiglia, o almeno io l'ho sempre vista così, con le nostre gioie, le nostre rabbie, le nostre tristezze, i nostri scazzi, ma sempre una famiglia. Abbiamo fatto un sacco di cose, ricordi Mister? Quanti allenamenti a sudare e sudare ancora e quando sbagliavamo partivano di certi paroloni...ricordi?
"Come si fa a sbagliare un canestro da lì?!" quante volte ce l'hai, o me l'hai, gridato? Sento ancora la tua voce nelle orecchie. E quelle partite punto a punto, dove o era la gioia o era il pianto, il nostro; tu al massimo t'incazzavi o ci rassicuravi. E quelle dove l'arbitraggio era palesemente contro di noi e tu ti beccavi una marea di falli tecnici ed espulsioni... E questi ricordi mi strappano un sorriso perchè, in fondo, ci divertivamo tanto, con tutta quella grinta che ci mettevi e con quei progressi enormi che ci hai fatto fare.
Te li ricordi, eh Mister, i due tornei all'estero? Ore su ore massacranti di pullman per arrivare in Bretagna e giocare con squadre di mezza europa... La gioia, più grande, quando sconfiggemmo la squadra della Repubblica Ceca... Quelle ragazze che arrivavano da una selezione "interna", serissime, altissime, bravissime, con le divise strafighe, con quel saluto solenne prima dell'inizio della partita e il loro allenatore che sembrava un comandante di un esercito. Noi, al loro confronto, eravamo l'armata brancaleone: un pò più basse della media, le divise che per me risalivano agli anni '80, una bravura nella norma, fatta esclusione per un playmaker fenomenale, nessuna selezione alle spalle, solo una squadra di un certo paese che era in Italia. Ma vincemmo. La gioia che esplose come dei fuochi d'artificio...
Anni bellissimi, sai Mister? Anche quando mi sgridavi, anche quando stavo in panchina, sei entrato con tutta la squadra in un pezzo indelebile della mia vita.
E ora... ... ... e ora ti saluto, un ciao che non è un addio, è solo un ciao, un ciao Mister, il solito saluto che t'ho sempre fatto quando ti vedevo, perchè di fondo io credo che un giorno ci rivedremo.
L'unico piccolo rimpianto è che avrei ancora voluto giocare, almeno una volta, con le mie compagne, con te come allenatore... ma non si vive di rimpianti, gioisco per tutto ciò che di bello e divertente e impegnativo  abbiamo fatto insieme.
Ciao Mister...

lunedì 26 marzo 2012

Naxalite

Dopo il rapimento di Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, tutto il mondo si interroga sull'esistenza dei guerriglieri maoisti (Naxal), peraltro già molto noti alle autorità indiane, che da anni cercano, senza alcun successo, di debellarli. I due italiani sarebbero stati sequestrati nel distretto di Orissa mentre realizzavano quelle che sono state chiamate "riprovevoli fotografie" a donne che facevano il bagno in un fiume. Il leader dei maoisti di Orissa, Sabyasachi Panda,ha immediatamente chiesto di aprire una trattativa che tenga conto del rilascio di prigionieri politici da parte delle autorità di Nuova Delhi, e la sospensione dell'Operazione Greenhunt, un'offensiva militare su larga scala lanciata dal governo indiano contro la guerriglia maoista. Ma chi sono questi misteriosi guerriglieri maoisti che osano sfidare le istituzioni indiane arrivando persino al rapimento di cittadini stranieri?

ORIGINI DEL MOVIMENTO- I Maoisti sono in realtà un movimento antico, ormai radicatosi nel corso dei decenni all'interno del tessuto sociale indiano. Le loro origini risalgono addisrittura ai tempi del colonialismo, quando gli inglesi lasciarono l'India e gli Stati del nord-est rifiutarono sdegnatamente l'invito di Nehru a entrare nell'Unione Indiana. All'epoca i maoisti erano attivi negli Stati di Assam, Nagaland, Manipur e Mizoram. All'epoca ricevevano fondi direttamente da Cina e Pakistan, ma col tempo sono sempre di più diventati i difensori dei diritti dei poveri e delle caste basse nelle zone rurali. La rivoluzione maoista però subì un durissimo colpo ai tempi di Indira Gandhi, quando il governo indiano mise al bhando tutti i gruppi rivoluzionari, dichiarando loro guerr aperta. I maoisti subirono duri rovesci ma seppero aspettare nell'ombra, riorganizzandosi negli anni Ottanta presso la città di Naxalbari (da qui il nome naxaliti), nella regione del Darjeeling

FINI E OBIETTIVI-I cosidettetti maoisti si prepongono ufficialmente di instaurare il governo del popolo nella Repubblica indiana. La loro attività consiste principalmente nel fornire appoggio alle rivendicazioni di contadini e gruppi tribali all'interno degli Stati in cui si trovano a operare. Ovunque ci sia miseria e povertà, i maoisti sono riusciti a radicarsi, facendo leva sui sentimenti di riscatto della popolazione. Le sopraffazioni dei ricchi e dei latifondisti ha fatto il resto, al punto che oggi i maoisti possono contare su decine di migliaia di guerriglieri armati. Nel distretto del Bihar, una delle regioni più povere di tutta l'India, i maoisti contrastano efficacemente i cosiddetti "Thakur sena", temibili eserciti al soldo dei latifondisti, e organizzano una vera e propria lotta culturale contro i privilegi di casta, in India ancora molto sentiti. Nel Bihar ben presto i maoisti si sono spinti al punto di fondare un governo parallelo che nel giro di pochi mesi è riuscito a consegnare il controllo pressochè totale delle zone rurali della regione ai guerriglieri. Anche a Orissa i Naxaliti soono riusciti a ritagliarsi ampi consensi, e nel confinante Madhya Pradesh, dove negli anni Ottanta i maoisti promisero a contadini tribali e fuoricasta giustizia e fine del loro sfruttamento. Insomma un vero e proprio ribellismo rurale che ha fatto scricchiolare il potere di Nuova Delhi, costretto a venire incontro alle loro rivendicazioni per arginare il fuoco della rivolta. Anche per questo motivo Nuova Delhi fu ben lesta a ordinare un risanamento rurale su vasta scala da 7,35 miliardi di rupie, nel tentativo di togliere il terreno alla rivolta. Ma il governo indiano, come spesso succede, si rimangiò ben presto la parola data, e i guerriglieri maoisti, difensori dei poveri, ottennero l'appoggio incondizionato dei guerriglieri dell'Andhra Pradesh. Fu un gravissimo errore per le autorità indiane sottovalutare i gruppi di guerriglieri maoisti (sono più di 40 in tutto il paese). cercando di presentarli all'opinione pubblica internazionale come semplici banditi assetati di bottino. In realtà un approccio così superficiale ha sempre messo in secondo piano quelle che erano le reali ragioni dell'infiammarsi delle rivolte, e questo per Nuova Delhi fu un errore fatale.

GOVERNI OMBRA- I Naxaliti sono riusciti con il passare del tempo a creare dei veri e propri governi-ombra all'interno degli Stati dove si sono trovati ad operare. Nel 2004 il Maoist Communist Centre of India (Mcc), e il Communist Party of India People's war si sono uniti formando il Communist Party of India-Maoist (Cpi-M). un vero e proprio salto di qualità indotto dalle pressanti operazioni anti-guerriglia condotta in grande stile dalla polizia indiana a partire dal 2000. Leader indiscusso del nuovo partito è stato nominato Muppala Laxman Rao detto Ganapati, il quale pubblicò subito dopo un manifesto ideologico che rappresenta a tutt'oggi la bandiera del movimento. In sostanza secondo i maoisti l'India sarebbe definita un paese ancora "semi-medievale" che necessiterebbe di una autentica rivoluzione democratrica. I guerriglieri del popolo che hanno deciso di combattere per questo fine sono, secondo le ultime stime, almeno 10.000 e sarebbero tutti muniti di armi efficaci e moderne. Il reale obiettivo del Cpi-M attualmente sarebbe quello di estendere le proprie attività anche alle regioni settentrionali dell'India per creare una Compact Revolutionary Zone (Crz), che dal Nepal, tagliando il Bihar, permetta di passare in mezzo all'India centrale fino all'Andhra Pradesh nel Sud. Una volta che la Crz sarà diventata realtà, allora Nuova Delhi si troverà di fronte a una sfida vera e propria alla sua sovranità. Qualora si realizzasse il Crz infatti, i maoisti potrebbero rinsaldare i legami con i "cugini" maoisti del Nepal, attualmente al governo con il Communist Party of Bhutan-Maoist. Il Cpi-M infatti non è solamente un gruppo guerrigliero indiano e localista, dispone infatti al suo interno di intellettuali e scienziati in grado di dare al movimento un respiro internazionalista. I maoisti indiani infatti intrattegono legami stretto con il Liberation Army of Perù, e con il Kurdistan Workers Party. Vi è poi un altro aspetto da tenere in considerazione: se negli anni Ottanta erano quasi tutti contadini maschi adulti coloro che sceglievano di schierarsi con la rivoluzione, oggi ci sono anche donne, borghesi, laureati e intellettuali, segno evidente di una maturazione del movimento che sta portando i maoisti a sfidare direttamente il potere centrale.

LE ORIGINI DEL SUCCESSO- Quali sono dunque i motivi di tanto successo? innanzitutto la povertà, la rabbia, l'insoddisfazione e la frustrazione di ampie porzioni della popolazione rurale e più disagiata, nelle campagne come nei centri urbani. Spesso i poveri indiani sono costretti a vivere in condizioni disumane, privi anche della speranza di un riscatto sociale; è proprio a costoro che si rivolge l'ideologia maoista, promettendo loro un futuro di lotta nei confronti delle disuguaglianze sociali ed economiche della popolazione. Spesso inoltre nelle regioni in questione le istituzioni dello Stato sono pressochè assenti, consentendo ancora una volta ai Naxaliti di riuscire facilmente a sostitursi ad esse diventando un punto di riferimento per la gente.Come se non bastasse i maoisti indiani non lascerebbero nulla all'improvvisazione e avrebbero da tempo messo a punto dei piani progressivi da realizzare anno dopo anno, sulla stessa falsariga della lotta vittoriosa portata avanti in Nepal.

ORISSA-Torniamo ora allo Stato di Orissa, il teatro del rapimento dei due italiani. Orissa è uno stato federato dell'India orientale e conta una popolazione di circa 38 milioni di abitanti . La sua capitale si chiama Bhubaneswar, e ad Orissa, secondo stime del governo, sarebbero attivi qualcosa come 20.000 guerriglieri maoisti. Nel 2009 i maoisti hanno lanciato in tutta la regione pesanti attacchi contro obiettivi governativi che hanno causato qualcosa come 600 morti. Mai prima d'ora i maoisti avevano sequestrato turisti o cittadini stranieri, per questo a Nuova Delhi stanno seguendo il rapimento dei due italiani con viva preoccupazione. L'Orissa è uno Stato che possiede ben il 70% delle riserve di bauxite, il 90% di quelle di cromo e nichel, e il 24% di carbone dell'interna India, di conseguenza in molti iniziano a pensare che dietro i maoisti si nasconda la longa manus di Pechino, che finanzierebbe il movimento per motivi strategici. Cina o no, fin quando Nuova Delhi continuerà a tenere escluse dal progresso porzioni enormi della popolazione, soprattutto nelle campagne e nelle regioni periferiche, i maoisti troveranno sempre nuovo materiale umano per finanziare e foraggiare la propria lotta. In molti iniziano a temere che, senza una svolta in un senso o nell'altro, nei prossimi anni i Naxaliti potrebbero persino arrivare a dichiarare una secessione da Nuova Delhi, che come prevedibile potrebbe affere conseguenze imprevedibili, e potenzialmente devastanti.

UNA GUERRA CIVILE- Attualmente comunque, Nuova Delhi sembra aver finalmente compreso la proporzione della minaccia rappresentata dai maoisti. Il premier Manmohan Singh ha recentemente dichiarato che i maoisti "rappresentano la più grave minaccia alla sicurezza interna mai affrontata dal paese". Oggi il Pci-M sarebbe in controllo, grazie ai suoi governi ombra, di oltre un terzo dei distretti della federazione indiana (220 su 600), e forte del consenso di milioni di diseredati che vedono nei combattenti "rossi" la sola arma contro il governo, che da tempo utilizza il pugno di ferro per scacciarli dalle loro terre in nome del progresso. Nuova Delhi ha comunque risposto ai maoisti scatenando quella che possiamo tranquillamente chiamare come "una guerra civile" in piena regola. Le autorità indiane hanno infatti dato avvio negli scorsi anni all'operazione GreenHunt, la stessa di cui i maoisti hanno chiesto l'interruzione con il rapimento dei due italiani ad Orissa. Nell'operazione Nuova Delhi ha impiegato qualcosa come 75.000 soldati in quella che è stata definita come una vera e propria guerra di conquista dato che si preponeva di riportare il controllo indiano su regioni che sono cadute ormai sotto il completo controllo del Pci-M. Si è scatenata quindi negli scorsi anni una autentica guerra tra eserciti ben organizzati e ben armati, che ha provocato centinaia di morti senza che però i media si interessassero minimamente alla vicenda. Oggi, a distanza di qualche anno, si può tranquillamente sostenere che l'operazione GreenHunt abbia fallito nel suo intento di soffocare la rivolta.

(Tratto da: Articolo Tre)

domenica 15 gennaio 2012

Long live the revolution - ¡Viva la revolución



Esta noche por la calle suena mi tambor
Puoi chiamarmi partigiano, bandito oppure illuso
Soldato di una guerra persa prima del suo inizio
Sono la tua coscienza sporca, sono un vecchio contadino
Sono l'indio, il mendicante, sono l'ortica nel tuo giardino
I miei compagni sono già morti o marciscono in prigione
Eppure sono ancora qui a gridare al mondo
"Viva la rivoluzione!"
Gli anni passano, i miti invecchiano, i muri son crollati
Le bandiere di una volta sono appese negli stadi
I giapponesi e i gringos arrivano a fare affari
E il paese ormai è venduto alle multinazionali
Con quei dollari i generali organizzano la repressione
Eppure sono ancora qui a gridare al mondo
"Viva la rivoluzione!"
Esta noche por la calle suena mi tambor
Con una taglia sulla testa tra i villagi sono andato
Molte case si sono aperte, molte volte si è ricordato
Della leggenda di Paddy Garcia, di chi non smette di sognare
Nell'utopia della rivolta e non è stanco di lottare
Per chi si unito c'è la vittoria o il plotone d'esecuzione
Eppure siamo ancora qui a gridare al mondo
"Viva la rivoluzione!"
Esta noche por la calle suena mi tambor
Ora puoi chiamarmi Aureliano, Don Chisciotte o Pancho Villa
Ma sono un fuoco ancora acceso, sono l'urlo della guerriglia
Non combatto i mulini a vento e ho il nemico sul mio sentiero
E stasera offro un ballo davanti al mondo intero
Le campane danno il segnale, tutt'intorno c'è confusione
E adesso posso urlare al mondo "Per sempre che
Viva la rivoluzione!"
Esta noche por la calle suena mi tambor
Tonight through streets my drum sounds

venerdì 23 dicembre 2011

North Koreans at a turning point following Kim Jong-il’s death

Morte di Kim Jong-il: il popolo nordcoreano è a un bivio.
Una fonte del governo sudcoreano spiega ad AsiaNews: “Il dolore per la morte del dittatore è reale, quella gente lo vedeva come una fonte di fierezza per la sua sfida militare al mondo. Ora la Corea del Nord potrebbe liberarsi della dittatura, ma devono muoversi loro per primi: un intervento esterno sarebbe devastante”. Le condoglianze di Pechino e l’allarme degli Usa.

Kim Jong-Il’s death “opens the door to disturbing scenarios. He was not only the country’s, ‘dear leader’, the second to take over following the death of the founder, Kim Il-sung; he was much more. For outsiders, it is hard to understand. North Koreans are at a turning point, perhaps unique in the country’s history. In any case, South Korea is ready for any eventuality,” said a source in South Korea’s Interior Ministry, who spoke to AsiaNews about the death of the dictator of Pyongyang.
“It is not possible to look at the images coming from North Korea (showing people crying in the streets and offices of Pyongyang) and dismiss them as propaganda. People’s pain is in a certain sense real. Kim Il-sung created the regime but his son strengthened it with the atomic weapon. This is a crucial fact to understand North Korean pride, for whom the late leader was not just a crazy warmonger, but the one who earned for the country world respect.”
Many scenarios are possible. “Now the power of Kim Jong-un, the third son and heir apparent, must be confirmed. His uncle Jang Song-taek, the regime’s N. 2 and the party’s strongman, and his wife, sister to the late dictator, are close to him. Two years ago, they were appointed his tutors, but they could eliminate him from power. What is certain is that the regime could be overthrown.”
This possibility “must come from the peop
le. Outside interventions would exacerbate popular anger at the outside world. We must and can support an internal movement, but we cannot envisage a military option. Now the domestic economy will suffer a major blow. Food prices are already going up. If they do nothing, it will be hard to intervene.”
People are waiting for a reaction from Beijing. "Shocked by North Korean leader Kim Jong-il's death, we express our deep condolences and send sincere condolences to
the Korean people," said Ma Zhaoxu, a spokesman for the Chinese Ministry of Foreign Affairs
The United States, which with South Korea and Japan, is the other armed power in the region, said they were closely monitoring the situation to preserve stability in the Korean Peninsula.
(Joseph Yun Li-sun)

sabato 12 novembre 2011

Ghazni: mother and daughter stoned to death for adultery 300m from govt offices

AFGHANISTAN
Ghazni: madre e figlia lapidate a morte per adulterio a 300 metri dagli uffici governativi.
La sharia è ormai l’unica legge.

AFGHANISTAN
“Ten years after the fall of the Taliban, the West has not been able to teach Afghans respect for human dignity. Sharia is the law that is enforced, not the laws of civilised countries,” sources told AsiaNews in reference to the stoning of two women, mother and daughter, accused of adultery. The two were killed yesterday in Ghazni, 138 km southeast from Kabul, a few hundreds of metres from government offices. Although the area was recently handed over to Afghan authorities, international forces are still in control. “Everyone knows such violence goes on,” sources said.
Yesterday, a group of armed men entered the house where a young widow lived with her daughter. After accusing them of adultery, they took them out to the yard, where they were stoned and then shot dead. The attack was carried out only 300m from the governor's office in Ghazni city, but police arrived too late on the scene of the crime.
Despite the sound of screams and gunshots, neighbours did not help or inform the authorities.
Officials says that a number of religious leaders in the city have been issuing fatwas, asking people to report any one who was "involved in adultery".
Sources told AsiaNews that some imams, even in the capital, have also been stirring up people against foreigners and demanding everyone submit to Sharia to the letter.
Ten years after the fall of the Taliban, nothing has changed. “The international community has spent billions of dollars in the country, but they have been used to set up an army and enrich political elites; very little has gone to the people,” sources say.
“In Kabul, if you step outside the area around the government compound, you’ll see only crumbling houses, mud roads and poverty. No one has showed Afghans why democracy is good. Little has been done in the way of building schools, hospitals and businesses.”
The West is also at fault for allowing the government to base its laws exclusively on Sharia, using the excuse that it is a domestic matter.
“The government continues to be weak, corrupt and not very credible,” the sources say. “Extremists and religious authorities use Muhammad’s law without fear to settle disputes in total impunity.”
(Tratto da Asia News)

martedì 20 settembre 2011

Colombia: victims of State

Reynel Restrepo aveva 36 anni ed era il sacerdote del municipio di Marmato, uno dei 27 comuni della regione di Caldas, cuore dell'area paisa. È stato assassinato lo scorso primo settembre perché da due anni lottava contro la multinazionale Gran Colombia Gold e il megaprogetto di estrazione aurifera che coinvolge Marmato e alcuni dei paesi limitrofi, sulle cui montagne da sempre l'oro è fonte di sostentamento per la gente del luogo.
Pochi giorni prima di essere ucciso, Restrepo aveva denunciato le minacce e i pedinamenti, annunciando che questa sua lotta avrebbe potuto costargli la vita. Dietro alla multinazionale e alla sua fame d'oro, ci sono il governo e le sue concessioni, che prevedono sfollamenti forzati di vaste aree per installare impianti di estrazione ad alto impatto socio-ambientale. Iniziata dalla compagnia Medoro Resources, la corsa alle montagne aurifere è ora in mano alla Gran Colombia Gold, alla quale la Medoro si è unita, facendo lievitare contemporaneamente il progetto. Nei piani c'è adesso una miniera a cielo aperto, che implicherebbe la completa sparizione dell'intero paese e il desplazamiento di tutti i suoi abitanti. Di qui le denunce e la lotta capeggiata dal coraggioso prete a cui sono susseguite pesanti pressioni della multinazionale per convincerlo a spostare la parrocchia a valle e zittire le proteste. Dalle parole ai fatti, e l'omicidio è arrivato puntuale per mano dei paramilitari, scelta ultima ma comune di un potere che usa violenza e sopraffazione pur di ottenere profitto. Dietro a tutto, l'appoggio incondizionato di Bogotà. Il governo di Juan Manuel Santos, infatti, non ha fatto altro che continuare a incensare le grandi imprese che continuano a sfruttare le risorse naturali colombiane in cambio di prebende. Seguendo, qui sì, fedelmente le orme del suo predecessore, Alvaro Uribe, dal quale cerca di discostarsi senza troppo riuscirci. E il parroco di Marmato non è il solo sacerdote ucciso negli ultimi giorni. È di queste ore la notizia che padre Gualberto Oviedo Arrieta, 34 anni, parroco della chiesa Nuestra Señora del Carmen di Capurganà, un comune della diocesi di Apartadó, Urabá, è stato trovato ammazzato. Anche questa terra è una delle più martoriate dalla furia paramilitare e dalla complicità dei militari. È qui che è nata la comunità di pace più organizzata e nota del paese, La Comunidad de Paz de San José de Apartadó, che va lottando per mantenersi neutrale in un conflitto ultra-quarantennale dove vige la regola o con noi o contro di noi. La scelta del non stare dalla parte di nessuno, dunque, suona provocante ed è costata e sta costando la vita a molti leader comunitari perlopiù uccisi dai militari.
La Conferenza episcopale colombiana ha espresso la sua "profonda tristezza" per l'uccisione di padre Oviedo, "nel constatare che proprio durante la Settimana per la pace è stata recisa la vita di un sacerdote che si era consegnato al servizio dei più poveri nell'Urabá".
Con l'uccisione di padre Oviedo sono sei i sacerdoti assassinati nel paese sudamericano dall'inizio del 2011, "una cifra molto preoccupante che manifesta lo stato di violenza e di deterioramento morale che vive la nostra società" ha detto monsignor Juan Vicente Córdoba, segretario generale dell'episcopato, sottolineando "il coraggioso impegno dei nostri religiosi per la denuncia profetica delle ingiustizie e la causa dei più poveri".
(Tratto da: Peace Reporter)

lunedì 29 agosto 2011

Vietnam marks General Giap’s 100 years

Il Vietnam celebra i 100 anni del generale Giap.
(per la traduzione in italiano cliccare qui)

The famous independence hero was born August 25, 1911 in a central-north province. His name is linked to the wars against the French, Japanese and U.S.. He is still remembered for the battle of Dien Bien Phu in the plain, in 1954, which ended the war in Indochina. He is also a vocal critic of the government and the Party.

After defeating the French, Japanese and Americans one after the other, he also seems to have defeated time itself: General Vo Nguyen Giap, hero of the Vietnamese, today celebrates his 100th birthday. He was born August 25, 1911 in central-north Quang Binh province to a poor family, composed of seven siblings, some of whom died young. Politically active since his school years, he was expelled from a school in Hue for organizing student protests. But his name is tied hand in glove with the wars in Indochina in the second half of the 1900’s, so much so that the Vietnamese people consider him the second most important national personality, only after "Uncle" Ho Chi Minh.
Do Quy Doan, Vice Minister of Culture, recalled that "some of the country's most glorious and most important events are associated with his name and his cause." Yesterday, the four-star general received a delegation of Communist Party politicians and leaders, to celebrate the centenary. He still has a colonial-style villa in Hanoi, not far the mausole
um of Ho Chi Minh, in the city center, where until three years ago he would still receive foreign heads of state and leaders. The official Viet Nam News Agency reports the elderly leader’s "thanks" and "renewed commitment" to the conquest of new objectives
His most famous milita
ry conquest dates back to May 1954, with the historical humiliation of the French army in the Dien Bien Phu plain. General Giap, thanks to a clever counter-offensive, cut the trans-Alpine lines, causing them to collapse and ending the war in Indochina. The Hanoi government this week dedicated a photo exhibition to his enterprise with decades-old pictures in black and white.
However, in recent years he has repeatedly clashed with the Vietnamese government, accusing them
of promoting policies all too "pro-Chinese" to the detriment of the country's territorial and economic independence. Among others, the battle against the bauxite mining program in the Central Highlands, the exploitation of which (for the benefit of Beijing) has provoked criticism from scientists and environmentalists.
Finally, his accusations of corruption against political leaders and his criticism of the bureaucracy and the party led to his marginalization from the political scene for the past 25 years. In a speech to Congress in 2006 he repeatedly insisted on the need for transparency and democracy and decisive action against corruption. "A party that conceals its defects is in ruins - Giap wrote in a state newspaper - a party that admits its mistakes and is transparent is courageous, strong and honest."

mercoledì 29 giugno 2011

Nirvāṇa ... 湼槃 ... निर्वाण

Non so voi, ma io a volte vorrei lasciare il caos metropolitano e periferico, vorrei non vedere più palazzi, strade asfaltate, auto...problemi, dubbi, preoccupazioni...vorrei abbandonare tutto e potermi tuffare in un mondo parallelo fatto di natura e tempi di vita che seguono il ciclo della terra. A volte invece no, a volte l'esplosione di voci, di folla, di vita, mi rivitalizzano. A volte però. Non sempre.
Terre sconfinate abbondanti e quasi sopraffatte dagli arbusti, dove svettano montagne che sembrano toccare il cielo, sentieri poco più che abbozzati che s'immergono in foreste da leggenda. E scovare d'improvviso qualche persona e sorridere istintivamente perchè di fronte a tanta prorompenza di natura fa piacere ritrovare un proprio simile. Sì, penso d'aver trovato la mia realtà parallela...ma non è fantascienza o frutto d'un sogno...è realtà concreta e tangibile. Certo, nella mia ricerca ne ho trovate più di una, ma molte erano costellate da orde di saccoapelisti e visitatori con zaino in spalla... Io vi parlo di una nazione incastonata tra i monti, chiamata Druk Yul (Terra del Drago Tonante) dai suoi abitanti. A vederlo oggi sembra un luogo dimenticato dal tempo: antichi templi appollaiati su alti precipizi avvolti dalla nebbia, sacre vette mai conquistate, fiumi e foreste incontaminate. Con una particolarità a livello statale a partire dagli anni '70, ovvero la FIL. Sapete cos'è?^^Semplice! La "Felicità Interna Lorda". E con questo pilastro questa nazione s'è tirata fuori dalla miseria in cui versava. Beh, ovvio, per tener lontane le invasioni turistiche c'è una pesante tassa da pagare se si vuole entrare e molti vincoli da seguire, ma così facendo gli orologi hanno rallentato di molto la cadenza del tempo.
Vi sto parlando del Bhutan, tra Cina ed India, che solo di recente è diventato democrazia per volontà del monarca che ha abdicato, e che quindi s'appresta ad affrontare un futuro pieno d'incognite. Ma ad oggi, nelle aree rurali del paese, si respira una sorta d'antichità, d'avventura, di sorpresa, di "Ohh" incantati. La terra perfetta per accogliermi, per accogliermi nei momenti in cui vorrei scappare da tutto e da tutti, in cui vorrei silenzio per capire, per affrontare...tante cose...tante questioni... Vorrei partire, veramente, per questo regno buddhista che sa di magico.






Magari installarmi un pò in un villaggio come quello di Nebji, nascosto nel cuore delle Montagne Nere, nel Buthan centrale, dove non arrivano strade ed elettricità, circondata da foreste e montagne. Tornare alla quiete del silenzio, al respiro profondo, agli spazi senza barriere che bloccano la vista...tornare alla pura semplicità.

Ma qui, scusate, mi devo fermare. Non credo nè alle favole nè agli eden in terra; e neanche il Buthan lo è. Magari si avvicina per me, ma non lo è. Mentirei a voi e a me se vi dicessi il contrario.
Anche qui i problemi ci sono.

Il maggior gruppo etnico del paese era quello degli induisti nepalesi, giunti in Buthan agli inizi del '900. Allarmata da una immigrazione costante, l'élite al potere buddhista e di origine tibetana (Drukpa) decretò che tutti i buthanesi dovessero seguire il codice linguistico, religioso, d'abbigliamento e condotta proprio dei Drukpa. E più ancora: tutti i bhutanesi non "puri" dovevano lasciare il paese entro 4 giorni. Ondate di proteste e conseguenti arresti si abbatterono negli anni '90, con decine di migliaia di bhutanesi d'origine nepalese che si dovettero rifugiare oltre confine. E qui, in questi campi profughi (che di certo non sono a 5 stelle...ma neanche 1 di stella!), si gioca tutt'oggi una delle dispute internazionali più spinose al mondo.

No...neanche il Buthan è il paradiso.

E non è neanche così immobile nel tempo.
Me ne accorgo meglio quando leggo un'intervista sul National Geograpich a Norbu Kinzang, un bambino di 7 anni abitante della capitale bhutanese, Thimphu (ཐིམ་ཕུ་); alla domanda del giornalista "Secondo te chi è il più cool del mondo?" lui risponde senza problemi "Mah...sia 50 Cent sia il quarto re del Bhutan...mi piacciono tutti e due!".

Sì...sentitevi spiazzati quanto me... O.o
E così, alla fine, la mia realtà parallela fatta di pura natura dove rifugiarmi, assume sfumature non certo da idillo.
Chissà, forse la "pace" esterna la si può cercare nel mondo (con un pò di pazienza...), si possono trovare luoghi che molto hanno da donare e molto da insegnare, nonostante i problemi interni che, d'altronde, ci sono in tutti i paesi.
Ma la "pace" interna, quella profonda, a costo di sembrare scontata, forse la troviamo solo dentro di noi. E non c'è luogo che regga, usi e costumi che servano, se prima non affrontiamo noi stessi, in quei discorsi a volte silenziosissimi, a volte chiassosi, a volte spietatamente veritieri, a volte spudoratamente bugiardi, che facciamo da soli con l'altro "io". In un dialogo tutto nostro, intimo e privato. A noi la scelta di tessere discorsi originali o falsi. Solo noi poi ne pagheremo le conseguenze. Magari non subito, magari tra qualche anno, magari tra molti anni.

E la ricerca della mia "pace" interna, del mio nirvana, allora, mi sa che diviene più complessa del previsto...

mercoledì 8 giugno 2011

My Lai

Ci sono storie che ti rimangono dentro, che riescono a penetrare ogni strato della tua pelle e del tuo cervello. Storie conosciute a volte per caso, a volte sui banchi di scuola, a volte raccontate.
Il massacro di My Lai (My Lai massacre - thảm sát Mỹ Lai), che avvenne il 16 marzo 1968 nella provincia di Quang Ngai, per me, è una di quelle.
Tutto iniziò quando i soldati statunitensi della Compagnia Charlie, della 11a Brigata di Fanteria Leggera, agli ordini del tenente William Calley, decisero di sterminare quasi tutti gli abitanti (circa 500) di My Lai, prevalentemente donne, anziani, moltissimi bambini e neonati. Non solo: torturarono e stuprarono prima di uccidere. I dettagli della vicenda sono riportati su internet, non vi sarà difficile trovarli ed anche le immagini di quel giorno non mancano, scrivete "My Lai" su Google e vedrete quante foto. E' da sottolineare la "bravura" che ebbero gli alti comandi statunitensi nel voler coprire tutta la vicenda e ancor di più, quando ormai il fatto venne fuori grazie anche al giornalista premio Pulitzer Seymour Myron Hersh, quando decisero alla fine di assolvere tutti. Nessuno pagò per quel massacro. In un modo o nell'altro tutti fuorono rilasciati.
Il libro del sudetto giornalista, My Lai Vietnam, mi permetto di consigliarvelo.
La Memoria ve tenuta viva ed è vero, tantissimi sono i massacri e i sopprusi avvenuti nell storia, ed uno fa anche fatica a ricordarseli tutti. Questo però m'è rimasto dentro, come marchiato a fuoco. Per questo lo voglio condividere con voi.
A fine dicembre 2010 è uscito un film di un regista italiano, My Lai Four, molto veritiero. Lo so, lo so, siamo in estate e uno vorrebbe pensare a cose più belle. Ma se ne avete voglia, magari in un giorno di pioggia o temporale, guardatelo.



venerdì 27 maggio 2011

Farewell ...

Ora che la tesi di laurea è conclusa e attendo solo di sapere il giorno della discussione, pensavo a un nuovo post da scrivere. Ho pensato alla politica italiana, alla crisi, alle rivolte nei paesi arabi, a Fukushima, alla Striscia di Gaza, e tante altre cose, e non sapevo da dove iniziare. Poi...
Poi c'è questa mattina. Questa mattina vado in Università, a ritirare le copie della tesi rilegate. Salgo dalle scale della metro e vedo qualche raggio di sole. Noto subito che tutti guardano da una parte, in alto, alle mie spalle. D'istinto mi volto. Saranno state circa le 10.05. Sul cornicione d'un palazzo, alto, c'è una persona, seduta. La polizia, i carabinieri e noi, la folla, sotto. La mia mente è andata un secondo in black out. Poi il pensiero, sicuro, che quella persona ci avrebbe ripensato, che qualcuno lì in alto l'avrebbe agguantata.
Sarà passato forse un minuto, eterno.
La persona aveva con sè una piccola borsa di cartone. L'ha buttata giù. Un secondo. E si è buttata anche lei.
... ... ...
Il grido di qualcuno, quel volo di non più di tre secondi che sono diventati improvvisamente lunghi come minuti. Poi ho messo una mano davanti agli occhiali. Tolta la mano, un telo verde ha coperto.
Sgomento, incredulità, lacrime.
Ho visto un ragazzo africano mettersi le mani davanti al volto. Tre operai dell'est europa con le facce sconcertate. Ho visto gente che è scoppiata a piangere.
La mia mente è stata un attimo in silenzio assoluto. Poi ha pensato a un sacco di cose. Poi silenzio. Poi di nuovo piena di pensieri.
Mi hanno detto che era una donna, forse giovane. Nessuno ovviamente sa il perchè. Non c'erano lì persone che la conoscessero. Solo estranei, noi, la folla, la gente. Non oso immaginare quando daranno la notizia ai suoi cari.
Chi di noi, amiche e amici di blog, non hai pensato anche solo una volta di farla finita?
...Sui caedere
...Sui caedere.... Ciò che ho visto, mi ha dato modo di pensare su questa cosa. Non che prima non ci abbia mai ragionato sopra, ma vedere un sui caedere...fa riflettere, molto, una riflessione anche silenziosa, avvolta ancora da sconcerto totale. Perchè poi penso "Quanta gente al mondo muore così" e per quelle vittime senza nome non ho sparso mai lacrime...
Non so, ho la testa un pò in caos...ho sentito però il bisogno di scrivere queste righe...

giovedì 14 aprile 2011

Gandhi

You must be the change you wish to see in the world

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo

Tú debes ser el
cambio que deseas ver en el mundo

Vous devez être le changement que vous voulez voir dans le monde

Du musst das
ändern möchten eine in der Welt sehen

يجب أن تكون أنت التغيير الذي ترغب أن تراه في العالم

Bạn phải thay đổi bạn muốn thấy trong thế giới

(Mohandas Karamchand Gandhi)