Gli USA hanno lanciato una feroce guerra
non convenzionale contro i governi rivoluzionari e progressisti ed i
movimenti popolari della nuestra America.
The US has
launched a fierce unconventional war against the revolutionary and
progressive governments and the popular movements of our America.
La vecchia dottrina militare
del Pentagono anche conosciuta come guerra di quarta generazione, si è
nutrita e sviluppata con le recenti esperienze come le "rivoluzioni
colorate" e la "primavera araba". L'obiettivo principale dell'attacco è
il Venezuela bolivariano, contro cui l'Impero, ed i governanti della
regione che lo servono, scatenano la loro furia e frustrazione.
Dopo un'offensiva di mesi per rovesciare il governo del presidente
Nicolás Maduro, Trump ha dichiarato che "non esclude l'opzione militare"
in Venezuela in mezzo a bravate contro la Corea del Nord e aver
attizzato un grave conflitto internazionale. Grazie al raptus bellicista
del magnate, i governi che lo accompagnano nella crociata
anti-venezuelana, si sono visti costretti a rifiutare una soluzione
militare e a ribadirlo durante il tour del vice presidente Mike Pence
per la regione. Diretto a chiudere l'assedio contro la patria di
Bolivar, Pence ha dovuto dedicarlo, in parte, al controllo dei danni
dopo l'allarme originato dall'avventurosa dichiarazione del suo capo.
Benché con tre giorni di ritardo, persino i controrivoluzionari della
MUD hanno dovuto rilasciare una risibile condanna.
Maduro, buon conoscitore della prepotenza dell'impero, ha risposto con
fermezza e con una gigantesca marcia chavista per la pace e con la
realizzazione un'esercitazione civico-militare armata in tutte le zone
di difesa integrale per il 26 ed 27 luglio. Il Venezuela ha centinaia di
migliaia di combattivi miliziani volontari, oltre alla ben addestrate
ed armate unità regolari.
Il chavismo ha sconfitto in due decenni, uno dopo l'altro, tutti i
tentativi di porre fine alla sua esperienza di trasformazione,
liberazione nazionale e sociale e d'impulso alla unità ed integrazione
latino-caraibica.
Chavism defeated
in two decades, one after the other, all attempts to end its experience
of transformation, national and social liberation, and impetus to unity
and Latin-Caribbean integration.
Una delle più creative e rivoluzionarie che ci siano
state nel mondo. La pace ed il rispetto della democrazia partecipativa e
protagonista è parte fondamentale della sua filosofia. Voti sì,
proiettili no, il suo slogan.
Il più recente sforzo di destabilizzazione della destra interna è
inquadrato nell'Operation Freedom 2 Venezuela del Comando Sud delle
forze armate yankee.
Dopo quattro mesi di violenza fascista,
dando fuoco a 29 persone, di cui 9 sono morte; all'ossessivo incendio di
ospedali ed asili, magazzini alimentari e di medicine, beni pubblici,
uffici governativi e centinaia di
negozi privati, la destra ha subito
una grave sconfitta con le elezioni per l'Assemblea Nazionale
Costituente ed i decreti che questa già emette. Ottenendo più di otto
milioni di voti il chavismo è stato molto vicino a raggiungere la sua
massima votazione storica e l'opposizione è rimasta demoralizzata.
Al punto che, senza soluzione di continuità, è passata dalla violenza
fascista e dall'affermare che non avrebbe lasciato le strade "sino
all'abbandono di Maduro" ad iscrivere, in tutta fretta, 196 candidati
per le elezioni regionali.
La destra è antidemocratica per natura, ma nella sua strategia si
appella soprattutto al golpismo senza lasciare il percorso elettorale.
The right is
undemocratic by nature, but in its strategy it is especially appealing
to golpismo without leaving the electoral process.
Se perde alle urne, grida alla frode; ma se vince, s'insuperbisce e
cerca con tutti i mezzi d'imporre la sua agenda neoliberale subordinata a
Washington ed al capitale internazionale.
Con un salto mortale, si volge ora verso le elezioni poiché il chavismo
gli ha strappato la strada, da luglio, dove ora è incapace di riunire
più di quattro gatti, come si è visto nella famosa "presa del Venezuela"
o nell' "ora zero" che si supponeva avesse dovuto soffrire il governo
chavista il 30 luglio. Tuttavia l'Operazione David, smantellata dalle
forze armate e dai servizi di sicurezza bolivariani dimostra che ci
possono essere nuovi sussulti di violenza disperata.
Per quanto gli USA e le forze del neoliberismo e gli antipatria
insistano, su scala internazionale, nel sostenere la controrivoluzione.
Per quanto più che le corporazioni della mafia mediatica continuino
spargendo le più assurde e sballate menzogne sulla Rivoluzione
Bolivariana. Anche se il capitale finanziario e la destra interna
continuano la crudele guerra economica. Niente di tutto questo potrà
piegare l'appoggio del popolo venezuelano al suo governo costituzionale.
Ed è il decisivo. Il Venezuela, inoltre, non è solo come dimostrano la
recente visita a Cuba del presidente Maduro e le crescenti espressioni
di solidarietà ricevute da popoli e governi indipendenti.
[di Angel Guerra Cabrera - Cubainformazione]
lunedì 21 agosto 2017
mercoledì 2 agosto 2017
Today, is the beginning of the end
Oggi, è l'inizio della fine.
Hoy, es el principio de final.
It’s #Overshoot Day - the date when humanity's demand on nature exceeds what Earth can regenerate over the entire year!
Oggi è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui finiscono ufficialmente le risorse terrestri disponibili per l'anno in corso e cominciamo a “campare” sulle spalle delle generazioni future.
Oggi cade Earth Overshoot Day 2017, il "Giorno del sovrasfruttamento della Terra", che rappresenta la data in cui l'umanità ha simbolicamente consumato tutte le risorse terrestri disponibili per l'anno in corso, portando il Pianeta "in deficit".
Da oggi si quindi può davvero parlare di sovraconsumo umano del Pianeta, dato un prelievo superiore a quanto la Terra non riesca naturalmente a rigenerare durante l'anno (la cosiddetta "biocapacità").
In pratica attraverso le pratiche agricole intensive, la pesca eccessiva, la deforestazione, l'eccessivo utilizzo di acqua, l'estrazione di combustibili fossili e le relative emissioni di gas serra, il consumo di suolo per allevamento e attività antropiche,...etc. è come se oggi avessimo finito le risorse che la Terra è in grado di rigenerare nell'intero anno solare, quando invece alla fine del 2017 mancano ancora 5 mesi.
Il consumo umano di risorse naturali avviene oggi con un tasso di prelievo 1,7 volte più veloce rispetto alla capacità naturale degli ecosistemi di auto-rigenerarsi, determinando quindi un teorico momento dell'anno in cui questo prelievo va a superare la biocapacità naturale terrestre: questo è appunto l'Earth Overshoot Day, la cui data nel corso degli anni sta man mano anticipando.
È come se oggi ci servissero 1,7 pianeti per soddisfare il nostro fabbisogno attuale di risorse naturali, una situazione evidentemente simbolica che però rende bene l'idea dell'attuale sovrasfruttamento umano delle risorse del Pianeta: e i costi di questo crescente "squilibrio ecologico" sono sempre più evidenti ed intensi, sotto forma di siccità, scarsità di acqua dolce, erosione del suolo e dissesto idrogeologico, perdita di biodiversità, cambiamento climatico per accumulo di gas serra nell’atmosfera.
Secondo i calcoli del Global Footprint Network, l'Organizzazione di ricerca internazionale che ha strutturato il metodo di misura dell’Impronta Ecologica ("Ecological Footprint") per il calcolo del consumo umano delle risorse naturali, nel 2016 l'Earth Overshoot Day era caduto l’8 agosto, invece nel 2015 era caduto il 13 agosto, nel 2010 il 21 di agosto, nel 2000 era caduto a fine settembre.
Hoy, es el principio de final.
It’s #Overshoot Day - the date when humanity's demand on nature exceeds what Earth can regenerate over the entire year!
Oggi è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui finiscono ufficialmente le risorse terrestri disponibili per l'anno in corso e cominciamo a “campare” sulle spalle delle generazioni future.
Oggi cade Earth Overshoot Day 2017, il "Giorno del sovrasfruttamento della Terra", che rappresenta la data in cui l'umanità ha simbolicamente consumato tutte le risorse terrestri disponibili per l'anno in corso, portando il Pianeta "in deficit".
Da oggi si quindi può davvero parlare di sovraconsumo umano del Pianeta, dato un prelievo superiore a quanto la Terra non riesca naturalmente a rigenerare durante l'anno (la cosiddetta "biocapacità").
In pratica attraverso le pratiche agricole intensive, la pesca eccessiva, la deforestazione, l'eccessivo utilizzo di acqua, l'estrazione di combustibili fossili e le relative emissioni di gas serra, il consumo di suolo per allevamento e attività antropiche,...etc. è come se oggi avessimo finito le risorse che la Terra è in grado di rigenerare nell'intero anno solare, quando invece alla fine del 2017 mancano ancora 5 mesi.
Il consumo umano di risorse naturali avviene oggi con un tasso di prelievo 1,7 volte più veloce rispetto alla capacità naturale degli ecosistemi di auto-rigenerarsi, determinando quindi un teorico momento dell'anno in cui questo prelievo va a superare la biocapacità naturale terrestre: questo è appunto l'Earth Overshoot Day, la cui data nel corso degli anni sta man mano anticipando.
È come se oggi ci servissero 1,7 pianeti per soddisfare il nostro fabbisogno attuale di risorse naturali, una situazione evidentemente simbolica che però rende bene l'idea dell'attuale sovrasfruttamento umano delle risorse del Pianeta: e i costi di questo crescente "squilibrio ecologico" sono sempre più evidenti ed intensi, sotto forma di siccità, scarsità di acqua dolce, erosione del suolo e dissesto idrogeologico, perdita di biodiversità, cambiamento climatico per accumulo di gas serra nell’atmosfera.
Secondo i calcoli del Global Footprint Network, l'Organizzazione di ricerca internazionale che ha strutturato il metodo di misura dell’Impronta Ecologica ("Ecological Footprint") per il calcolo del consumo umano delle risorse naturali, nel 2016 l'Earth Overshoot Day era caduto l’8 agosto, invece nel 2015 era caduto il 13 agosto, nel 2010 il 21 di agosto, nel 2000 era caduto a fine settembre.
sabato 1 luglio 2017
Croazia: difesa di Piazza Tito, difesa dell'antifascismo
Croatia: defense of Tito Square, defense of anti-fascism.
Negli
anni, Bandić si è dimostrato molto abile nel combinare il sostegno alle
organizzazioni antifasciste con quello alla destra radicale.
Intellettuali, politici, attivisti e cittadini si sono riuniti in Piazza Maresciallo Tito a Zagabria: per impedirne il cambio di nome, per ribadire i valori dell'antifascismo contro una destra radicale dilagante. Intellectuals, politicians, activists and citizens gathered at Piazza Tus Maresciallo in Zagreb: to prevent the change of name, to reiterate the values of anti-fascism against a racial radical right.
Lo scorso 22 giugno, in occasione del Giorno della
lotta antifascista, circa un migliaio di persone si sono radunate in
piazza maresciallo Tito nel centro di Zagabria per celebrare questa
ricorrenza, ma anche per manifestare il proprio dissenso contro
l’ennesimo tentativo di cambiare il nome della piazza.
Così per la prima
volta - contemporaneamente alla commemorazione ufficiale che si tiene
ogni anno a Brezovica, nei pressi di Sisak, dove il 22 giugno 1941 gli
antifascisti croati organizzarono la prima insurrezione armata contro le
truppe di occupazione naziste e fasciste - questa ricorrenza è stata
celebrata anche nella piazza dedicata al maresciallo Tito.
La
manifestazione, che ha visto la partecipazione di numerosi esponenti
dell’opposizione e intellettuali croati, è stata organizzata da varie
associazioni della società civile in segno di protesta contro la
richiesta – avanzata in seno al consiglio comunale di Zagabria da un
nuovo partito fondato dal controverso ex ministro della Cultura Zlatko
Hasanbegović insieme alla deputata Bruna Esih – di rinominare la piazza
intitolata al leader jugoslavo Josip Broz Tito.
Nonostante
i pochi seggi aggiudicatisi nell’assemblea cittadina alle recenti
elezioni amministrative, i voti del gruppo di Hasanbegović sono
essenziali per formare una maggioranza che garantisca al rieletto
sindaco Milan Bandić di governare tranquillamente per i prossimi quattro
anni.
Hasanbegović e Esih, che rappresentano
una forza di estrema destra distaccatasi dal partito al potere (HDZ),
hanno costruito la propria campagna per le elezioni amministrative sulla
retorica anticomunista, perorando la necessità di rinominare la piazza
maresciallo Tito con una delibera del consiglio comunale. Il sindaco
Bandić, dal canto suo, resta fermo nella sua intenzione di indire un
referendum sulla questione, probabilmente contando sul fatto che alle
urne sia improbabile si rechi il 50% più uno degli aventi diritto al
voto, necessario affinché il risultato sia considerato valido.

Ciò
che ha spinto i cittadini a riunirsi in piazza maresciallo Tito è stata
proprio la percezione di questa minaccia che incombe sull’intero
lascito della lotta antifascista. Una minaccia concretizzatasi nel
discorso tenuto da Hasanbegović a Jazovka.
”Questo
luogo sinistro ricorda il carattere criminale del comunismo jugoslavo
che nel 1945 fu imposto al popolo croato contro la sua volontà […] E
proprio questo apocrifo ovvero la festa nazionale del 22 giugno è
l’occasione giusta per ricordare ancora una volta un fatto ben noto […]
lo stato croato moderno è sorto unicamente dalla volontà nazionale della
nostra generazione e dalla vittoria nella Guerra patriottica
(1991-1995), che è anche una vittoria sui successori spirituali e reali
degli esecutori (del massacro) di Jazovka”, ha detto Hasanbegović,
aggiungendo: “È nostro dovere politico, statale e legislativo annullare
il 22 giugno come festa nazionale e come fonte di una discordia del
tutto inutile in seno al popolo croato, facendo sì che finalmente si
creino i presupposti per una vera riconciliazione nazionale, che può
basarsi unicamente sulla verità”.
Hasanbegović è
noto per le sue posizioni anticomuniste e per le critiche
all’antifascismo, nonché per la sua propensione a relativizzare i
crimini del regime ustascia. Tant’è che già da studente aderì al
movimento neonazista, scrivendo pamphlet nostalgici per la rivista
filoustascia “Lo Stato Indipendente Croato”.
Tito occupa un posto simbolico (nella memoria collettiva) come leader del
movimento antifascista e fondatore di uno stato socialista che portò
modernizzazione e progresso nei vari ambiti della vita economica,
sociale e culturale – industrializzazione, elettrificazione,
innalzamento degli standard di vita, modernismo nell’arte e
nell’architettura, progresso scientifico, notevole miglioramento del
sistema sanitario e di protezione sociale, aumento del tasso di
alfabetizzazione e di scolarizzazione, innalzamento del livello medio di
istruzione, risoluzione della questione abitativa.
Molti
cittadini croati ritengono che la rimozione dell’intitolazione di una
delle piazze centrali di Zagabria a Josip Broz Tito rappresenterebbe
l’atto finale di una lunga serie di rinominazioni delle vie e piazze in
tutta la Croazia che fino agli anni Novanta portavano i nomi di uomini
politici e intellettuali dell’epoca socialista, nonché di combattenti e
battaglioni partigiani.
Animato da canti
partigiani jugoslavi e croati, ma anche dalle note di “Ay, Carmela” e
“Bella Ciao”, il raduno organizzato in piazza maresciallo Tito ha visto
la presenza di numerosi esponenti dell’opposizione di sinistra, nonché
di simpatizzanti del regime jugoslavo e dello stesso Tito. Oltre alle
bandiere di “Radnička fronta”, un piccolo partito della sinistra
radicale, e quelle della Lega dei comunisti di Jugoslavia, in piazza
sventolavano numerosi striscioni, alcuni dei quali dal sapore ironico. A
rivolgersi ai presenti, tra i quali c’era anche il celebre allenatore
di pallanuoto Ratko Rudić, sono stati alcuni intellettuali e attivisti
di spicco.
“L’antifascismo non ha alternative.
Non ne ha avute nel 1941, non ne ha nemmeno oggi […] Il fascismo fu un
periodo buio, nient’altro che buio. Un male assoluto, espressione
dell’odio verso tutto ciò che è umano, diverso”, ha dichiarato
l’attivista femminista Marijana Bijelić, parlando dei pericoli delle
tendenze fasciste odierne.
Hrvoje Klasić,
docente di Storia presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di
Zagabria, ha fatto notare che anche il primo presidente della Croazia
indipendente Franjo Tuđman fu membro del movimento antifascista guidato
da Tito.
“Rade Končar, Nada Dimić, Josip Kraš,
Ivo Lola Ribar non sono solo nomi delle fabbriche, sono i nomi degli
eroi nazionali croati, ai quali la società rese omaggio nel 1945
intitolando loro fabbriche, vie,…Nel 1991 quella stessa società decise
di punirli – da un giorno all’altro da eroi divennero criminali. Molti
ne sono responsabili, compreso il loro compagno di partito Franjo
Tuđman, che non avrebbe dovuto permettere che ciò accadesse, e lo stesso
vale per Janko Bobetko e Martin Špegelj [ex generali dell’Armata
popolare jugoslava, tra i principali protagonisti della guerra di
indipendenza croata]. Ma c’è comunque qualcosa che li lega a Nada Dimić e
Rade Končar – tutti fecero parte dello stesso movimento di resistenza
organizzato e vittoriosamente guidato da Tito”, ha detto Klasić.
Snježana
Banović, nota critica teatrale che si è occupata tra l’altro di teatro
del periodo ustascia, ha citato i nomi di numerosi attori e
professionisti del teatro uccisi durante la Seconda guerra mondiale per
mano degli ustascia. “Credo che oggi tutti sappiamo che ci sono limiti
che non si oltrepassano e linee dalle quali non si indietreggia. Oggi
quella linea è questa piazza che porta il nome del maresciallo Tito da
71 anni e lo porterà per almeno dieci volte tanto. La piazza maresciallo
Tito è barometro e polso di Zagabria che mostra quanto questa città si
ricorda del proprio passato eroico. Una città che si vergogna del
proprio passato partigiano è condannata all’oblio, ossia a morte”, ha
concluso Banović.
martedì 30 maggio 2017
Grand River
Fase calante di un'estate rancida, nel mezzo di un paese guasto.
Waning phase of a rancid summer, in the middle of a dead country.

Partiti
per il Canada, partiti con uno scopo ma anche per scappare dall'Italia,
da un'Italia che straborda dei "cascami del consumo illimitato",
"discarica della comunicazione, rifiuti media-tossici sempre
riciclabili. Smaltibili mai".
Un viaggio tra settembre e ottobre del 2007 compiuto da due membri del collettivo Wu Ming nella valle del fiume Mohawk, dove nel XVIII secolo era insediata la “Confederazione della Grande Pace”, la più potente lega indiana. Lì i nativi convissero con irlandesi e scozzesi, fino alla rivoluzione che generò gli Stati Uniti.
"Cos'è viaggiare se non uscire da sè - dice Wu Ming - rimettersi in prospettiva sotto un altro cielo e calpestando altra terra?"
Waning phase of a rancid summer, in the middle of a dead country.

Mettersi in viaggio è il miglior cardiotonico.
Mettersi in viaggio allontana la tristezza.
Mettersi in viaggio evita il peggio per il rotto della cuffia.
Ogni
volta che lo afferra la voglia di sparare ai passanti dal balcone, Wu
Ming decide: tempo di partire. Lo scrittore coglie al balzo una palla da
lacrosse e si proietta in Canada.
Quebec, Ontario, British Columbia. L'America francese, anglosassone, indiana, l'America che non è Stati Uniti, patria di un multiculturalismo che brilla e scintilla ma mostra la corda. Un mese di visioni
e pellegrinaggi, tra passato e futuro, vestiti pesanti di pioggia,
piedi che affondano nella melma della Storia o battono le terre dure
delle riserve, sulle tracce di Joseph Brant e sua sorella Molly. In Canada c'è una statua di bronzo. La statua di Joseph Brant, grande capo indiano. Il bronzo viene dai cannoni che a Waterloo sconfissero l'armée di Napoleone.
Una storia di tanti anni fa A story many years ago : Joseph e Molly, guide della nazione Mohawk, nemici della rivoluzione americana, ancora odiati nel paese delle stelle-e-strisce, omaggiati ma avvolti di oblio nel paese della foglia d'acero.
Da Montreal alla sonnacchiosa Québec, dall'arcipelago
delle Mille Isole alla riserva di Six Nations, da Brantford a Vancouver
(dove tutto è di più) si allunga la "via francigena" di Wu Ming, tra
inukshuk e chitarre elettriche, caffè lunghi e fucili ad avancarica,
lacrime e risate, totem e tabù.
Una storia di tanti anni fa A story many years ago : Joseph e Molly, guide della nazione Mohawk, nemici della rivoluzione americana, ancora odiati nel paese delle stelle-e-strisce, omaggiati ma avvolti di oblio nel paese della foglia d'acero.

Tratto da: http://www.manituana.com

Un viaggio tra settembre e ottobre del 2007 compiuto da due membri del collettivo Wu Ming nella valle del fiume Mohawk, dove nel XVIII secolo era insediata la “Confederazione della Grande Pace”, la più potente lega indiana. Lì i nativi convissero con irlandesi e scozzesi, fino alla rivoluzione che generò gli Stati Uniti.
"Cos'è viaggiare se non uscire da sè - dice Wu Ming - rimettersi in prospettiva sotto un altro cielo e calpestando altra terra?"
martedì 18 aprile 2017
More than a thousand Palestinian prisoners begin hunger strike
They demand better prison conditions and an end to administrative
detentions. Led by Marwan Barghouti, sentenced to life for murder during
the second Intifada. For Bernard Sabella "it is the sign of a lack of
political perspective" and stalling of international politics. Thousands
of demonstrators in the West Bank in support of prisoners.
Exigen mejores condiciones carcelarias y el fin de las detenciones
administrativas. En su guía Marwan Barghouti, condenado a cadena
perpetua por asesinato atribuido durante la segunda Intifada. Para
Bernard Sabella "es el signo de una falta de perspectiva política" y
estancamiento de la política internacional. Miles de manifestantes en
Cisjordania apoyan a los prisioneros.
para la traducción española clic aquí
per la traduzione in italiano clicca qui
Jerusalem (AsiaNews) - More than 1000 Palestinians have begun a hunger strike in opposition to the livin
g conditions in Israeli prisons. The demonstration is led by Palestinian leader Marwan Barghouti, 57, sentenced to five life sentences for murders committed during the second intifada. The date of the official start of the strike is not causal: April 17 is the "Day for Palestinian Prisoner", in which friends and relatives detained in jails are remembered. Hunger strikes are nothing new, but it is the first time to take part is such a significant number.
The demonstrative action had been announced the day before yesterday, after weeks of preparation, with 700 prisoners.
Barghouti was yesterday put in isolation. Israelis consider him bloodthirsty for his role in the al-Aqsa Intifada, Palestinians consider him a hero and sometimes refer to him as a potential successor to Mohammad Abbas, current president of the Palestinian National Authority.
Barghouti wrote an open letter to the New York Times, motivating the strike as the "most peaceful form of available resistance" against "arbitrary mass arrests and mistreatment of Palestinian prisoners."
According to the Israeli authorities, the number of participants is around 1187, while Issa Qaraqe, of the Palestinian Authority leadership says the number of prisoners are 1300. The Palestinian Prisoner Club NGO has a population of 1500.
The Palestinian prisoners - around 6500 (according to Palestinian sources 7 thousand) - is a major source of tension with Israel. They include 62 women and 300 minors. The Palestinians consider them political prisoners, although they are serving a sentence for a different kind of crimes: about 500 are being held in "administrative detention", a tool that allows Tel Aviv to hold suspects without charge for a period of six months.
The purpose of the protest is to ask for improvements in detention conditions, including more family visits;
the installation of public telephones in detention blocks; the closure of the service clinics in prisons in favor of medical care in hospitals; an end to detention without trial and isolation. As for the medical conditions, the strikers are also demanding the release of prisoners with disabilities or chronic illnesses. In addition, the Palestinian branch of the NGO Defense for Children International reported yesterday that more and more children are subjected to isolation for longer periods of time: in 2016, 25 minors were confined for an average 16 day period.
Interviewed by AsiaNews, Prof. Bernard Sabella, a Catholic,
representative of Fatah in Jerusalem and Executive Secretary of service
to the Council the Palestinian refugees of Middle Eastern Churches, said
that the hunger strike is one of the consequences of the political
situation: "Without a political solution, no peace between Palestinians
and Israelis, what kind of condition of life can a Palestinian prisoner
have? It is a sad and painful situation."
"The Palestinian prisoners are demanding better living conditions, to see their families, get medical care, better hygiene, all those who lack basic necessities," says Prof. Sabella. "It is also the political message that
we have no vision for the future. It is at a standstill. The international community, and various groups in Israel have their part to play. There is the 'disengagement', the absence of the international community, when you need to intervene in favor of dialogue. "
Today the Israeli minister for internal security Gilad Erdan announced to the military radio that Israel will not negotiate with the demonstrators: "They are terrorists and killers who are serving what they deserve and we have no reason to negotiate with them."
In the Penitentiary Regulation, the refusal of meals is a disciplinary offense which can result in withdrawal of privileges or disciplinary measures.
Abbas issued a statement supporting the strike, demanding the intervention of the international community.
The strike was also supported by demonstrations in different cities of the West Bank, particularly in Ramallah, where more than 2 thousand people marched in the main streets, and gathered in the square Yasser Arafat. The protesters showed pictures of their imprisoned Barghouti and other relatives, and several demonstrators announced that they wanted to join the strike.

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per la traduzione in italiano clicca qui
Jerusalem (AsiaNews) - More than 1000 Palestinians have begun a hunger strike in opposition to the livin
g conditions in Israeli prisons. The demonstration is led by Palestinian leader Marwan Barghouti, 57, sentenced to five life sentences for murders committed during the second intifada. The date of the official start of the strike is not causal: April 17 is the "Day for Palestinian Prisoner", in which friends and relatives detained in jails are remembered. Hunger strikes are nothing new, but it is the first time to take part is such a significant number.

Barghouti was yesterday put in isolation. Israelis consider him bloodthirsty for his role in the al-Aqsa Intifada, Palestinians consider him a hero and sometimes refer to him as a potential successor to Mohammad Abbas, current president of the Palestinian National Authority.
Barghouti wrote an open letter to the New York Times, motivating the strike as the "most peaceful form of available resistance" against "arbitrary mass arrests and mistreatment of Palestinian prisoners."
According to the Israeli authorities, the number of participants is around 1187, while Issa Qaraqe, of the Palestinian Authority leadership says the number of prisoners are 1300. The Palestinian Prisoner Club NGO has a population of 1500.
The Palestinian prisoners - around 6500 (according to Palestinian sources 7 thousand) - is a major source of tension with Israel. They include 62 women and 300 minors. The Palestinians consider them political prisoners, although they are serving a sentence for a different kind of crimes: about 500 are being held in "administrative detention", a tool that allows Tel Aviv to hold suspects without charge for a period of six months.
The purpose of the protest is to ask for improvements in detention conditions, including more family visits;
the installation of public telephones in detention blocks; the closure of the service clinics in prisons in favor of medical care in hospitals; an end to detention without trial and isolation. As for the medical conditions, the strikers are also demanding the release of prisoners with disabilities or chronic illnesses. In addition, the Palestinian branch of the NGO Defense for Children International reported yesterday that more and more children are subjected to isolation for longer periods of time: in 2016, 25 minors were confined for an average 16 day period.

"The Palestinian prisoners are demanding better living conditions, to see their families, get medical care, better hygiene, all those who lack basic necessities," says Prof. Sabella. "It is also the political message that
we have no vision for the future. It is at a standstill. The international community, and various groups in Israel have their part to play. There is the 'disengagement', the absence of the international community, when you need to intervene in favor of dialogue. "
Today the Israeli minister for internal security Gilad Erdan announced to the military radio that Israel will not negotiate with the demonstrators: "They are terrorists and killers who are serving what they deserve and we have no reason to negotiate with them."
In the Penitentiary Regulation, the refusal of meals is a disciplinary offense which can result in withdrawal of privileges or disciplinary measures.
Abbas issued a statement supporting the strike, demanding the intervention of the international community.
The strike was also supported by demonstrations in different cities of the West Bank, particularly in Ramallah, where more than 2 thousand people marched in the main streets, and gathered in the square Yasser Arafat. The protesters showed pictures of their imprisoned Barghouti and other relatives, and several demonstrators announced that they wanted to join the strike.
lunedì 27 febbraio 2017
Standing Rock Camps Shut Down, But the Fight Against DAPL Isn’t Over
We remain in prayer. The Sacred Fire remains lit inside us.
Check out our latest blog post at ourchildrenaresacred.org about this week's militarized raid on treaty land. #NoDAPL
Permanecemos en la oración. El Fuego Sagrado permanece encendido dentro de nosotros.
Echa un vistazo a nuestra última entrada de blog en ourchildrenaresacred.org sobre la incursión militarizada de esta semana en tierras de tratado. #NoDAPL
Over the those two days, 46 water
protectors who refused to comply with the evacuation were arrested,
including a group of military veterans, reporting journalists, and even
an Oglala grandmother named Regina Brave. Present at the occupation of
Wounded Knee in 1973, Brave was also a vocal opponent to the Keystone XL
pipeline in recent years.
After the camps were cleared, Energy Transfer Partners announced
that they finished drilling under Lake Oahe and will begin laying down
pipe. According to their attorney, William Shcerman, DAPL’s construction
could be finished and begin flowing oil in less than two weeks.
At this point, does the Trump administration think they’re that clever to make anyone believe anything they say?
Check out our latest blog post at ourchildrenaresacred.org about this week's militarized raid on treaty land. #NoDAPL
Permanecemos en la oración. El Fuego Sagrado permanece encendido dentro de nosotros.
Echa un vistazo a nuestra última entrada de blog en ourchildrenaresacred.org sobre la incursión militarizada de esta semana en tierras de tratado. #NoDAPL
This past Wednesday and Thursday, the Dakota Access Pipeline protest camps were cleared
by more than 200 police officers in riot gear as part of an emergency
evacuation order signed by North Dakota governor Doug Burgum. Many of
the water protectors cleared out peacefully, and some set fire to their
camps as a ceremonial act of defiance to destroy it themselves before
law enforcement could.

Even when water protectors are leaving
peacefully to move on to larger movements, North Dakota law enforcement
proved once again that they cannot do their jobs without abusing their
power. Arriving with armored vehicles, snipers and AR-15s is beyond
extreme, especially against those whose only “crime” is just refusing to
move or live streaming the eviction to Facebook, the latter being the
case for Eric Poemz as he was chased by police in his live stream and can be heard saying his hip may have broken as he was forced to the ground.
This amount of law enforcement is
unnecessary, especially when they go so far as to violate First
Amendment rights and try to silence anyone who tries to publicize the
truth.

Things are not getting any better at the
White House as they try to pass off their blatant lies — or what they
call alternative facts — as truth. White House Press Secretary and
Communications Director, Sean Spicer, claimed in a recent press briefing
that President Donald Trump “has been in contact with all parties
involved” with DAPL. Shortly afterwards, Standing Rock Sioux Chairman,
Dave Archambault II, posted a response on Facebook
that that was ‘absolutely false.” The tribe only finally received a
meeting the day after the easement to drill under Lake Oahe was issued,
to which Archambault cancelled it and filed a lawsuit for the illegal
expediting and suspending of the environmental impact study.
Spicer’s briefing also contradicts Trump’s claims almost two weeks ago
that he didn’t find DAPL controversial and hasn’t received a single
phone call. Of course, he hasn’t been taking any phone calls given that
the comments line is down with only an automated message with
instructions to submit your comment on the White House’s website.

To top all of this off, ABC News revealed
that two days before Trump approved of the easement, the US Department
of Interior withdrew a 35-page legal analysis — written by the
department’s top lawyer Hilary Tompkins — of the environmental risks and
treaty rights violations of DAPL with more than enough justification to
deny further construction.
Tompkins wrote that the Standing Rock
Sioux Tribe’s “core identity and livelihood depend upon their
relationship to the land and environment — unlike
a resident of Bismarck, who could simply relocate if the pipeline
fouled the municipal water supply, Tribal members do not have the luxury
of moving away from an environmental disaster without also leaving
their ancestral territory.”
So not only is the Trump administration
lying through their teeth about their involvement and active listening
in this controversy, but they are also willing to throw away anything
criticizing their biased personal interests as an attempt to avoid
accountability, no matter how irrefutable it is.
The camps may be shut down, but the fight against DAPL is far from over. Protests continue nationwide urging major banks to divest from DAPL, and a Native Nations March
is planned for March 10th in Washington DC and nationwide. Chase Iron
Eyes with LPLP plans to rally support for the new lawsuits filed by the
Standing Rock Sioux and Cheyenne River Sioux tribes.
Contact your representatives to support the fight against the Black Snake. Donate as the water protectors fight moves to D.C.
mercoledì 4 gennaio 2017
The struggle of Native, to save their lands
Hanno perso la guerra contro la colonizzazione, ma non il loro spirito
combattivo che li ha portati a vincere una battaglia in difesa dei loro
territori. E alla fine, migliaia di membri della tribù di indiani Sioux di Standing Rock che si opponevano al passaggio di un oleodotto sul territorio della loro riserva, nel North Dakota,
l’hanno spuntata. Almeno per ora. L’Esercito Usa, sotto la cui
giurisdizione ricade parte della zona interessata, ha annunciato che non
concederà decisione storica” per la quale, hanno dichiarato, saranno “per sempre grati” al presidente Barack Obama. Ma l’amministrazione Trump fa sapere: “Deciderà il presidente eletto”.
La loro rivendicazione ha dato vita a proteste e manifestazioni che sono arrivate fino a New York. Cortei e polizia, dunque, non più solo in Nord Dakota, sulle rive del Lago Oahe, dove a difesa dei Sioux sono arrivati i veterani, ma anche nel cuore della Grande Mela, quartier generale del neo presidente a cui i membri della tribù lanciano un avvertimento: “Donald Trump si prepari perché non daremo tregua”. L’oleodotto dovrebbe correre per quasi 2000 chilometri, attraversando quattro Stati per portare il Illinois. “La parte sottomarina del tracciato mette a rischio il bacino idrico delle comunità, senza contare la violazione di terreni e luoghi sacri Sioux”, spiega una dimostrante.
greggio alle raffinerie dell’
Uno dei leader della protesta è Dave Archambault II, il capo sioux di Standing Rock, che contro la repressione ha chiesto aiuto a Barack Obama e all’Onu: “Questi sono i giorni dell’anniversario del Massacro di Sand Creek; è ora che gli Stati Uniti pongano fine ai loro abusi contro i nativi americani”. La partita non è chiusa e “sulla sua realizzazione si dovrà pronunciare l’amministrazione Trump”, ha fatto sapere il portavoce del presidente eletto, Jason Miller,
spiegando che Donald Trump una volta insediatosi alla Casa Bianca esaminerà la decisione presa da
Obama di negare il permesso per il progetto.
La loro rivendicazione ha dato vita a proteste e manifestazioni che sono arrivate fino a New York. Cortei e polizia, dunque, non più solo in Nord Dakota, sulle rive del Lago Oahe, dove a difesa dei Sioux sono arrivati i veterani, ma anche nel cuore della Grande Mela, quartier generale del neo presidente a cui i membri della tribù lanciano un avvertimento: “Donald Trump si prepari perché non daremo tregua”. L’oleodotto dovrebbe correre per quasi 2000 chilometri, attraversando quattro Stati per portare il Illinois. “La parte sottomarina del tracciato mette a rischio il bacino idrico delle comunità, senza contare la violazione di terreni e luoghi sacri Sioux”, spiega una dimostrante.
greggio alle raffinerie dell’
Uno dei leader della protesta è Dave Archambault II, il capo sioux di Standing Rock, che contro la repressione ha chiesto aiuto a Barack Obama e all’Onu: “Questi sono i giorni dell’anniversario del Massacro di Sand Creek; è ora che gli Stati Uniti pongano fine ai loro abusi contro i nativi americani”. La partita non è chiusa e “sulla sua realizzazione si dovrà pronunciare l’amministrazione Trump”, ha fatto sapere il portavoce del presidente eletto, Jason Miller,
spiegando che Donald Trump una volta insediatosi alla Casa Bianca esaminerà la decisione presa da

sabato 26 novembre 2016
Hasta Siempre Fidel
Gracias, Fidel, porque con el Che Guevara y otros héroes, usted ha derrotado a la dictadura de América, usted ha liberado a Cuba.
Hoy Cuba tiene un muy alto nivel de la educación pública, la medicina pública, la eliminación del hambre y buen nivel de vida.
Hasta la Victoria, Siempre !
sabato 29 ottobre 2016
Good morning World ...
"Buona sera. Prima di tutto vi prego di scusarmi per questa
interruzione. Come molti di voi io apprezzo il benessere della routine
quotidiana, la sicurezza di ciò che è familiare, la tranquillità della
ripetizione. Ne godo quanto chiunque altro. Ma nello spirito della
commemorazione, affinché gli eventi importanti del passato, generalmente
associati alla morte di qualcuno o al termine di una lotta atroce e
cruenta vengano celebrati con una bella festa, ho pensato che avremmo
potuto dare risalto a questo giorno, un giorno ahimè sprofondato
nell'oblio, sottraendo un pò di tempo alla vita quotidiana, per sederci
e fare due chiacchiere. Alcuni vorranno toglierci la parola, sospetto
che in questo momento stiano strillando ordini al telefono e che presto
arriveranno gli uomini armati. Perché? Perché, mentre il manganello può
sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere;
perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che
vorranno ascoltare, all'affermazione della verità. E la verità è che c'è
qualcosa di terribilmente marcio in questo paese. Crudeltà e
ingiustizia, intolleranza e oppressione. E lì dove una volta c'era la
libertà di obiettare, di pensare, di parlare nel modo ritenuto più
opportuno, lì ora avete censori e sistemi di sorveglianza, che vi
costringono ad accondiscendere a ciò. Com'è accaduto? Di chi è la colpa?
Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno
rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se
cercate il colpevole... non c'è che da guardarsi allo specchio. If you are looking for the guilty, you look in the mirror. Io so
perché l'avete fatto. So che avevate paura. E chi non ne avrebbe avuta?
Guerre, terrore, malattie. C'era una quantità enorme di problemi, una
macchinazione diabolica atta a corrompere la vostra ragione e a privarvi
del vostro buon senso. La paura si è impadronita di voi, fear has taken hold of you, ed il Caos
mentale ha fatto sì che vi rivolgeste all'attuale Alto Cancelliere.
Vi ha promesso ordine e pace in cambio del vostro silenzioso, obbediente consenso. Ieri sera ho cercato di porre fine a questo silenzio. Più di quattrocento anni fa, un grande cittadino ha voluto imprimere per sempre nella nostra memoria questo giorno. La sua speranza, quella di ricordare al mondo che l'equità, la giustizia, la libertà sono più che parole: sono prospettive. Quindi, se non avete visto niente, se i crimini di questo governo vi rimangono ignoti, vi consiglio di lasciar passare inosservato questo giorno. Ma se vedete ciò che vedo io, se la pensate come la penso io, e se siete alla ricerca come lo sono io, vi chiedo di mettervi al mio fianco, ad un anno da questa notte, fuori dai cancelli del Parlamento, e insieme offriremo loro un giorno che non verrà mai più dimenticato."
Vi ha promesso ordine e pace in cambio del vostro silenzioso, obbediente consenso. Ieri sera ho cercato di porre fine a questo silenzio. Più di quattrocento anni fa, un grande cittadino ha voluto imprimere per sempre nella nostra memoria questo giorno. La sua speranza, quella di ricordare al mondo che l'equità, la giustizia, la libertà sono più che parole: sono prospettive. Quindi, se non avete visto niente, se i crimini di questo governo vi rimangono ignoti, vi consiglio di lasciar passare inosservato questo giorno. Ma se vedete ciò che vedo io, se la pensate come la penso io, e se siete alla ricerca come lo sono io, vi chiedo di mettervi al mio fianco, ad un anno da questa notte, fuori dai cancelli del Parlamento, e insieme offriremo loro un giorno che non verrà mai più dimenticato."
sabato 20 agosto 2016
Stay human
SIRIA - Aleppo - Omran Daqneesh, 5 anni.
"Se fate tacere questi bambini, le pietre grideranno"
"If you do shut up these children, the stones will cry"
Ma come siamo arrivati a questo?
Le proteste del marzo 2011 si diffondono rapidamente in più città, in virtù dell’effetto contagio delle primavere arabe. Le proteste sono partite da Deraa, città che è sì in una delle aree più depresse del Paese, ma anche a pochi passi dal confine con la Giordania. Paese in cui, coordinati dal Dipartimento di Stato, operano agenzie e militari americani, con vari centri di addestramento. Nonché inglesi e sauditi.
Un portavoce ministeriale siriano afferma che la polizia avrebbe l’ordine di non sparare sui manifestanti pacifici ma all’interno delle manifestazioni ci sono gruppi armati il cui fine è provocare scontri a fuoco.
Sulle proteste popolari si innesca l’infiltrazione di agenti provocatori che inducono alla reazione a fuoco le forze governative. Le notizie conseguenti vengono amplificate e rilanciate dai predisposti punti di diffusione. La prevista e scontata auto-propagazione nei media occidentali completa l’opera.
In Siria l’elemento scatenante sono stati agenti opportunamente addestrati dai servizi occidentali e miliziani wahabiti jihadisti. Quotidiani internazionali, come The Guardian, e regionali, come il libanese Daily Star, hanno riportato una notizia secondo cui agenti occidentali – tra cui anche i 12 francesi catturati dall’esercito – erano presenti in Siria sin dall’avvio dell’operazione di regime change camuffata sotto le proteste popolari.
Riepilogando questa potrebbe quindi essere la sequenza degli interventi adoperati: preparazione agenti, fonti di notizie e rilancio, infiltrazione nelle proteste, provocazione armata, repressione, amplificazione di notizie false e diffusione mondiale, condanna, giustificazione di interventi dall’esterno.
Per la Siria la notizia che doveva far scatenare l’intervento occidentale è stata quella dell’uso di armi chimiche da parte di Assad contro la popolazione. La notizia non era falsa, ma il gas era stato usato dagli stessi jihadisti proprio al fine di causare l’intervento USA a loro supporto. Fallito nel caso specifico soltanto per la netta frapposizione della Russia e di Papa Francesco.
Create le condizioni che, sfruttando la protesta popolare, hanno determinato in contemporanea la messa all’indice internazionale del governo di Assad e lo schiacciamento dell’opposizione in opposizione armata, nel paese sono stati fatti affluire dalle frontiere di Turchia e Giordania tra i 100 e i 200 mila miliziani (in stragrande maggioranza non siriani) addestrati nei due paesi, oltre che in Arabia Saudita e Qatar. Lo stesso re giordano Abdullah aveva detto che gli inglesi del SAS (Special Air Service) hanno costituito dal suo Paese per operare nel sud della Siria un battaglione meccanizzato di miliziani.
Il successo della fase iniziale degli attacchi delle milizie si è amplificato rapidamente, grazie anche alla loro perfetta conoscenza delle vulnerabilità dell’esercito siriano. A quel punto è intervenuta la Russia per adeguare l’esercito siriano al tipo di guerra che stava combattendo.
[Valentin Vasilescu]
"Se fate tacere questi bambini, le pietre grideranno"
"If you do shut up these children, the stones will cry"
Ma come siamo arrivati a questo?
Le proteste del marzo 2011 si diffondono rapidamente in più città, in virtù dell’effetto contagio delle primavere arabe. Le proteste sono partite da Deraa, città che è sì in una delle aree più depresse del Paese, ma anche a pochi passi dal confine con la Giordania. Paese in cui, coordinati dal Dipartimento di Stato, operano agenzie e militari americani, con vari centri di addestramento. Nonché inglesi e sauditi.
Un portavoce ministeriale siriano afferma che la polizia avrebbe l’ordine di non sparare sui manifestanti pacifici ma all’interno delle manifestazioni ci sono gruppi armati il cui fine è provocare scontri a fuoco.
Sulle proteste popolari si innesca l’infiltrazione di agenti provocatori che inducono alla reazione a fuoco le forze governative. Le notizie conseguenti vengono amplificate e rilanciate dai predisposti punti di diffusione. La prevista e scontata auto-propagazione nei media occidentali completa l’opera.
In Siria l’elemento scatenante sono stati agenti opportunamente addestrati dai servizi occidentali e miliziani wahabiti jihadisti. Quotidiani internazionali, come The Guardian, e regionali, come il libanese Daily Star, hanno riportato una notizia secondo cui agenti occidentali – tra cui anche i 12 francesi catturati dall’esercito – erano presenti in Siria sin dall’avvio dell’operazione di regime change camuffata sotto le proteste popolari.
Riepilogando questa potrebbe quindi essere la sequenza degli interventi adoperati: preparazione agenti, fonti di notizie e rilancio, infiltrazione nelle proteste, provocazione armata, repressione, amplificazione di notizie false e diffusione mondiale, condanna, giustificazione di interventi dall’esterno.
Per la Siria la notizia che doveva far scatenare l’intervento occidentale è stata quella dell’uso di armi chimiche da parte di Assad contro la popolazione. La notizia non era falsa, ma il gas era stato usato dagli stessi jihadisti proprio al fine di causare l’intervento USA a loro supporto. Fallito nel caso specifico soltanto per la netta frapposizione della Russia e di Papa Francesco.
Create le condizioni che, sfruttando la protesta popolare, hanno determinato in contemporanea la messa all’indice internazionale del governo di Assad e lo schiacciamento dell’opposizione in opposizione armata, nel paese sono stati fatti affluire dalle frontiere di Turchia e Giordania tra i 100 e i 200 mila miliziani (in stragrande maggioranza non siriani) addestrati nei due paesi, oltre che in Arabia Saudita e Qatar. Lo stesso re giordano Abdullah aveva detto che gli inglesi del SAS (Special Air Service) hanno costituito dal suo Paese per operare nel sud della Siria un battaglione meccanizzato di miliziani.
Il successo della fase iniziale degli attacchi delle milizie si è amplificato rapidamente, grazie anche alla loro perfetta conoscenza delle vulnerabilità dell’esercito siriano. A quel punto è intervenuta la Russia per adeguare l’esercito siriano al tipo di guerra che stava combattendo.
[Valentin Vasilescu]
giovedì 28 luglio 2016
"The world is at war, a war for real” but “not a war of religions”
for the English translation
para la traducción española
中国的翻译
“Il mondo è in guerra”, “guerra vera”, “guerre di interessi, per soldi, per le risorse della natura, per il dominio dei popoli”, ma “non guerra di religione”, “le religioni tutte le religioni, vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri”. E’ il commento di papa Francesco all’assassinio di padre Jacques Hamel, il sacerdote ucciso a Saint Etienne du Rouvray, fatto sull’aereo che lo ha portato a Cracovia, dove è arrivato alle 16 (ora locale) per la 31ma Giornata mondiale della gioventù.
“La parola che si ripete tanto – ha detto ancora - è ‘sicurezza’, ma la vera parola è ’guerra’. Il mondo è in guerra, guerra a pezzi. C’è stata quella del 1914, con i suoi metodi, poi quella del 1939-45 e adesso questa”. “Non è tanto organica, ma organizzata sì. Ma è guerra. Questo santo sacerdote, morto proprio nel momento in cui offriva la preghiera per la pace. Lui è uno, ma quanti cristiani, quanti innocenti, quanti bambini... Pensiamo alla Nigeria, per esempio. Diciamo: ma quella è l’Africa! È guerra. Noi non abbiamo paura di dire questa verità, il mondo è in guerra perché ha perso la pace” e, ha aggiunto arrivato a Cracovia, “vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre”.
Francesco ha quindi rivolto un pensiero ai giovani della Gmg. “La gioventù sempre ci dice speranza. Speriamo che i giovani ci dicano qualcosa che sia un po’ più di speranza in questo momento”.
Al suo arrivo a Cracovia, all’aeroporto internazionale “Giovanni Paolo II” di Balice-Kraków, il Papa è stato accolto dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda, e dall’arcivescovo di Cracovia, card. Stanisław Dziwisz, storico segretario di papa Wojtyla.
Subito dopo l’arrivo e la cerimonia di accoglienza, papa Francesco si è recato al Wawel, lo storico castello che domina Cracovia, dove ci sono stati prima l’incontro con le autorità, la società civile e i membri del corpo diplomatico accreditato in Polonia, nel cortile, poi, nella Sala degli uccelli, la visita di cortesia al Presidente della Repubblica e infine, nella cattedrale dei santi Stanislao e Venceslao, i vescovi.
Nell’unico discorso pubblico di oggi, nel cortile del Wawel, Francesco ha detto che servono “disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame” e “solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede”. Arrivato nel pomeriggio in Polonia, a Cracovia, dove da domani prenderà parte alla 31ma Giornata mondiale della gioventù, papa Francesco nel suo primo discorso davanti alle autorità del Paese ha sostenuto la necessità di affrontare le sfide poste dal tempo con “il coraggio della verità e un costante impegno etico”, in modo che sia sempre rispettata la dignità umana è un principio che coinvolge ogni attività umana, compreso “gestire il complesso fenomeno migratorio”.
“Quest’ultimo richiede un supplemento di saggezza e di misericordia, per superare le paure e realizzare il maggior bene. Occorre individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia, facilitando quanti vogliono ritornare. Al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede. Nello stesso tempo vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria. Si tratta così di fare il possibile per alleviare le loro sofferenze, senza stancarsi di operare con intelligenza e continuità per la giustizia e la pace, testimoniando nei fatti i valori umani e cristiani”.
Nel suo discorso il Papa ha anche affermato che “la coscienza
dell’identità, libera da complessi di superiorità, è indispensabile per
organizzare una comunità nazionale sulla base del suo patrimonio umano,
sociale, politico, economico e religioso, per ispirare la società e la
cultura, mantenendole fedeli alla tradizione e al tempo stesso aperte al
rinnovamento e al futuro. In questa prospettiva avete da poco celebrato
il 1050° anniversario del Battesimo della Polonia. E’ stato certamente
un forte momento di unità nazionale, che ha confermato come la
concordia, pur nella diversità delle opinioni, sia la strada sicura per
raggiungere il bene comune dell’intero popolo polacco”.
“Anche la proficua cooperazione nell’ambito internazionale e la reciproca considerazione maturano mediante la coscienza e il rispetto dell’identità propria e altrui. Non può esistere dialogo se ciascuno non parte dalla propria identità. Nella vita quotidiana di ogni individuo, come di ogni società, vi sono però due tipi di memoria: buona e cattiva, positiva e negativa. La memoria buona è quella che la Bibbia ci mostra nel Magnificat, il cantico di Maria, che loda il Signore e la sua opera di salvezza. La memoria negativa è invece quella che tiene lo sguardo della mente e del cuore ossessivamente fissato sul male, anzitutto su quello commesso dagli altri. Guardando alla vostra storia recente, ringrazio Dio perché avete saputo far prevalere la memoria buona: ad esempio, celebrando i 50 anni del perdono reciprocamente offerto e ricevuto tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale. L’iniziativa, che ha coinvolto inizialmente le comunità ecclesiali, ha innescato anche un processo sociale, politico, culturale e religioso irreversibile, cambiando la storia dei rapporti tra i due popoli. A questo proposito, ricordiamo anche la Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica di Polonia e quella ortodossa di Mosca: un atto che ha avviato un processo di avvicinamento e fraternità non solo tra le due Chiese, ma anche tra i due popoli. Così la nobile nazione polacca mostra come si può far crescere la memoria buona e lasciar cadere quella cattiva. Per questo si richiede una salda speranza e fiducia in Colui che guida i destini dei popoli, apre porte chiuse, trasforma le difficoltà in opportunità e crea nuovi scenari laddove sembrava impossibile”.
para la traducción española
中国的翻译
“Il mondo è in guerra”, “guerra vera”, “guerre di interessi, per soldi, per le risorse della natura, per il dominio dei popoli”, ma “non guerra di religione”, “le religioni tutte le religioni, vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri”. E’ il commento di papa Francesco all’assassinio di padre Jacques Hamel, il sacerdote ucciso a Saint Etienne du Rouvray, fatto sull’aereo che lo ha portato a Cracovia, dove è arrivato alle 16 (ora locale) per la 31ma Giornata mondiale della gioventù.
“La parola che si ripete tanto – ha detto ancora - è ‘sicurezza’, ma la vera parola è ’guerra’. Il mondo è in guerra, guerra a pezzi. C’è stata quella del 1914, con i suoi metodi, poi quella del 1939-45 e adesso questa”. “Non è tanto organica, ma organizzata sì. Ma è guerra. Questo santo sacerdote, morto proprio nel momento in cui offriva la preghiera per la pace. Lui è uno, ma quanti cristiani, quanti innocenti, quanti bambini... Pensiamo alla Nigeria, per esempio. Diciamo: ma quella è l’Africa! È guerra. Noi non abbiamo paura di dire questa verità, il mondo è in guerra perché ha perso la pace” e, ha aggiunto arrivato a Cracovia, “vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre”.
Francesco ha quindi rivolto un pensiero ai giovani della Gmg. “La gioventù sempre ci dice speranza. Speriamo che i giovani ci dicano qualcosa che sia un po’ più di speranza in questo momento”.
Al suo arrivo a Cracovia, all’aeroporto internazionale “Giovanni Paolo II” di Balice-Kraków, il Papa è stato accolto dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda, e dall’arcivescovo di Cracovia, card. Stanisław Dziwisz, storico segretario di papa Wojtyla.
Subito dopo l’arrivo e la cerimonia di accoglienza, papa Francesco si è recato al Wawel, lo storico castello che domina Cracovia, dove ci sono stati prima l’incontro con le autorità, la società civile e i membri del corpo diplomatico accreditato in Polonia, nel cortile, poi, nella Sala degli uccelli, la visita di cortesia al Presidente della Repubblica e infine, nella cattedrale dei santi Stanislao e Venceslao, i vescovi.
Nell’unico discorso pubblico di oggi, nel cortile del Wawel, Francesco ha detto che servono “disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame” e “solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede”. Arrivato nel pomeriggio in Polonia, a Cracovia, dove da domani prenderà parte alla 31ma Giornata mondiale della gioventù, papa Francesco nel suo primo discorso davanti alle autorità del Paese ha sostenuto la necessità di affrontare le sfide poste dal tempo con “il coraggio della verità e un costante impegno etico”, in modo che sia sempre rispettata la dignità umana è un principio che coinvolge ogni attività umana, compreso “gestire il complesso fenomeno migratorio”.
“Quest’ultimo richiede un supplemento di saggezza e di misericordia, per superare le paure e realizzare il maggior bene. Occorre individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia, facilitando quanti vogliono ritornare. Al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede. Nello stesso tempo vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria. Si tratta così di fare il possibile per alleviare le loro sofferenze, senza stancarsi di operare con intelligenza e continuità per la giustizia e la pace, testimoniando nei fatti i valori umani e cristiani”.

“Anche la proficua cooperazione nell’ambito internazionale e la reciproca considerazione maturano mediante la coscienza e il rispetto dell’identità propria e altrui. Non può esistere dialogo se ciascuno non parte dalla propria identità. Nella vita quotidiana di ogni individuo, come di ogni società, vi sono però due tipi di memoria: buona e cattiva, positiva e negativa. La memoria buona è quella che la Bibbia ci mostra nel Magnificat, il cantico di Maria, che loda il Signore e la sua opera di salvezza. La memoria negativa è invece quella che tiene lo sguardo della mente e del cuore ossessivamente fissato sul male, anzitutto su quello commesso dagli altri. Guardando alla vostra storia recente, ringrazio Dio perché avete saputo far prevalere la memoria buona: ad esempio, celebrando i 50 anni del perdono reciprocamente offerto e ricevuto tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale. L’iniziativa, che ha coinvolto inizialmente le comunità ecclesiali, ha innescato anche un processo sociale, politico, culturale e religioso irreversibile, cambiando la storia dei rapporti tra i due popoli. A questo proposito, ricordiamo anche la Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica di Polonia e quella ortodossa di Mosca: un atto che ha avviato un processo di avvicinamento e fraternità non solo tra le due Chiese, ma anche tra i due popoli. Così la nobile nazione polacca mostra come si può far crescere la memoria buona e lasciar cadere quella cattiva. Per questo si richiede una salda speranza e fiducia in Colui che guida i destini dei popoli, apre porte chiuse, trasforma le difficoltà in opportunità e crea nuovi scenari laddove sembrava impossibile”.
martedì 7 giugno 2016
Muhammad Ali
"La vita è breve, e diventiamo vecchi velocemente. Non ha senso sprecare tempo odiando le persone".
"Life is short, and we get old quickly. It makes no sense to waste time hating people."
"La
mia coscienza non mi permette di andare a sparare a mio fratello o a
qualche altra persona con la pelle più scura, o a gente povera e
affamata nel fango per la grande e potente America. E sparargli per
cosa? Non mi hanno mai chiamato ‘negro’, non mi
hanno mai linciato, non mi hanno mai attaccato con i cani, non mi hanno
mai privato della mia nazionalità, stuprato o ucciso mia madre e mio
padre. Sparargli per cosa? Come posso sparare a quelle povere persone?
Allora portatemi in galera. Siete voi il mio nemico, il mio nemico è la
gente bianca, non i Vietcong i cinesi o i giapponesi."
"My conscience does not allow me to go shoot my brother or some other person with darker skin, or poor and hungry people in the mud for the great and powerful America. And shoot him for what? They have not called me 'negro', they do not have me lynched, they not have attacked me with the dogs, they not have deprived me of my nationality, raped and killed my mother and my father. Shoot at them for what? How I can shoot those poor people? Then take me to jail. Are you my enemy, my enemy is white people, not the Vietcong the Chinese or the Japanese."
"Life is short, and we get old quickly. It makes no sense to waste time hating people."
"My conscience does not allow me to go shoot my brother or some other person with darker skin, or poor and hungry people in the mud for the great and powerful America. And shoot him for what? They have not called me 'negro', they do not have me lynched, they not have attacked me with the dogs, they not have deprived me of my nationality, raped and killed my mother and my father. Shoot at them for what? How I can shoot those poor people? Then take me to jail. Are you my enemy, my enemy is white people, not the Vietcong the Chinese or the Japanese."
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