Hanno perso la guerra contro la colonizzazione, ma non il loro spirito
combattivo che li ha portati a vincere una battaglia in difesa dei loro
territori. E alla fine, migliaia di membri della tribù di indiani Sioux di Standing Rock che si opponevano al passaggio di un oleodotto sul territorio della loro riserva, nel North Dakota,
l’hanno spuntata. Almeno per ora. L’Esercito Usa, sotto la cui
giurisdizione ricade parte della zona interessata, ha annunciato che non
concederà decisione storica” per la quale, hanno dichiarato, saranno “per sempre grati” al presidente Barack Obama. Ma l’amministrazione Trump fa sapere: “Deciderà il presidente eletto”.
La loro rivendicazione ha dato vita a proteste e manifestazioni che sono arrivate fino a New York. Cortei
e polizia, dunque, non più solo in Nord Dakota, sulle rive del Lago
Oahe, dove a difesa dei Sioux sono arrivati i veterani, ma anche nel
cuore della Grande Mela, quartier generale del neo presidente a cui i
membri della tribù lanciano un avvertimento: “Donald Trump
si prepari perché non daremo tregua”. L’oleodotto dovrebbe correre per
quasi 2000 chilometri, attraversando quattro Stati per portare il
Illinois. “La parte
sottomarina del tracciato mette a rischio il bacino idrico delle
comunità, senza contare la violazione di terreni e luoghi sacri Sioux”,
spiega una dimostrante.
greggio alle raffinerie dell’
Uno dei leader della protesta è Dave Archambault II,
il capo sioux di Standing Rock, che contro la repressione ha chiesto
aiuto a Barack Obama e all’Onu: “Questi sono i giorni dell’anniversario
del Massacro di Sand Creek; è ora che gli Stati Uniti pongano fine ai loro abusi contro i nativi americani”.
La partita non è chiusa e “sulla sua realizzazione si dovrà
pronunciare l’amministrazione Trump”, ha fatto sapere il portavoce del
presidente eletto, Jason Miller,
spiegando che Donald
Trump una volta insediatosi alla Casa Bianca esaminerà la decisione
presa da
Obama di negare il permesso per il progetto.
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