Le nostre valigie logore stavano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo altro e più lungo cammino da percorrere ma non importa, la strada è vita...J. Kerouac – Sulla strada
Fianalmente.
Sì, finalmente.
Di nuovo un valigia da preparare, di nuovo uno zaino da riempiere, di nuovo una macchina fotografica da utilizzare. Ma soprattutto di nuovo gente da conoscere, luoghi da vedere, storia da assaporare.
Viaggiare è sempre stato la vita per me.
Un’occasione d’oro da aspettare con dolcissima ansia, con la trepidazione che s’insinuava in ogni parte del corpo. E alla fine c’era il “dopo”: quanto bagaglio riportato a casa, quante storie, quanta cultura…sentivo che ad ogni viaggio la mente s’apriva e si riempiva di cose importantissime.
I viaggi iniziarono quand’ero piccola, su terra croata (all’epoca ancora denominata Jugoslavia), su magnifica terra croata, ricca di persone semplici e squisite, tra panorami verdi e mare cristallino. Poi ci fu il salto e via, a girare in lungo e in largo gli Stati Uniti, per poi tornare a riempire la sacca e avventurarmi su strade greche, dal Peloponneso a Rodi a Creta. Ma non bastava, mai. E col sorriso allora via per la Turchia e per le terre dei faraoni, in un Egitto caldo e magnifico, con tanti volti di bambini che furono il più bel regalo che mi portai a casa. Poi indossai la divisa da basket, prima, e da “collegiale”, dopo, e fu la volta della cugina Francia. Quindi di nuovo in Marocco e poi un salto lungo lungo fino a giungere in Brasile, una meta ambita da sempre, un viaggio in una missione (Comunidade de Açao Pastoral) che tengo ancora nel cuore e che spero di rivedere presto. Poi un po’ di tranquillità a zonzo in motorino e a piedi ancora su terra greca, Kos, e un tuffo nell’est, nella Repubblica Ceca.
Finchè tutto, improvvisamente, si fermò.
Un “stop” che non decisi io, che non volevo, al quale mi ribellai con tutte le mie forze. Fu allora che capii che “toccare il fondo” era una gran balla: non c’era fondo, si poteva andare sempre più giù, all’infinito.
Incarcerata dal mio stesso corpo, imprigionata in me stessa.
Imparai a comprendere cosa voleva dire lottare, cosa voleva dire solitudine, cosa significava avere il vuoto intorno, quale significato avessero anche le cose più semplici.
Viaggiare per me era la vita; impedendomelo, fu come togliermela.
Quante parole di disperazione buttate su fogli, quanto senso di impotenza, quante domande senza risposta. Quanta incapacità nel mondo della Medicina. E quante preghiere, quante parole rivolte là al cielo.
Finchè qualcosa è tornato a girare per il verso giusto.
Dopo quasi 3 lunghissimi anni.
Adesso ho di nuovo uno zaino, una valigia, una digitale, un viaggio.
Una Berlino che significa molto di più di una “meta”, di una “destinazione”, una Berlino che si caricherà di enorme significato per me. Potrebbe essere un nuovo inizio. E già mi lascio trascinare da un rinchiuso entusiasmo da viaggiatrice e sbircio l’atlante, internet, cataloghi, fogli, dove si parla di Brasile, di Mongolia, di Vietnam, di spedizioni in Africa…è più forte di me, non ce la faccio a non guardare!
Ok, ricomincio con la terra tedesca, ricomincio a respirare piano, con calma, con serenità, senza troppo timore.
Ricomincio da Berlino e, permettetemi, dalla “mia” Berlino Est che da sempre volli vedere. E che, anche lei, significa veramente tanto per me.
Pochi giorni ancora, e tutto si compirà…
E ho proprio voglia di gridare a squarciagola una frase del mio amico Kerouac
“Che bello il mondo! Io vado!”