Dopo un'assenza durata oltre un anno, è riapparso sulla scena politica messicana l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Con manifestazioni massicce e silenziose nelle principali localitá del Chiapas ed uno scarno quanto incisivo comunicato, gli indigeni ribelli sono tornati a prendere la parola dando un'importante dimostrazione di forza e di organizzazione che zittisce quanti, sia a destra che a sinistra, li davano per finiti o politicamente ininfluenti.
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Un fiume nero di passamontagna, formato dalle decine di contingenti zapatisti, ha inondato i centri delle cittá del sudest messicano con moltitudinarie marce silenziose che sono terminate davanti ai palazzi di governo presi militarmente dai ribelli 18 anni fa. A San Cristobal si é svolta l'iniziativa piú partecipata. Oltre 20 mila indigeni provenienti dal Caracol di Oventik hanno attraversato la cittá sotto una pioggia insistente. Una volta raggiunto il centro, dove sono stati accolti dagli applausi e dalle grida di sostegno di turisti e passanti, hanno chiuso l'iniziativa con un forte gesto simbolico che ha sorpreso coloro che si aspettavano il classico comizio finale.
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La stessa dinamica, semplice ma molto significativa, si é data in tutte le cittá occupate pacificamente. Il segnale, per quanto silenzioso, é arrivato forte e chiaro. Gli zapatisti ci sono ancora e sono piú numerosi, forti e organizzati di prima. Nonostante i violenti e ripetuti attacchi paramilitari degli ultimi mesi, la loro lotta per la costruzione dell'autonomia continua. Come sostiene giustamente Hernandez Navarro, quanto visto ieri non rappresenta il ritorno dell'Ezln, che in realtá non se n'é mai andato ma ha continuato a lavorare a livello comunitario e fuori dai riflettori, ma la riaffermazione della sua presenza e della sua vitalitá, un nuovo ¡Ya Basta!, un rinnovato "aquí estamos" a quasi due decadi di distanza.
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Dopo mesi di silenzio, il "ritorno" degli zapatisti ha spiazzato quanti si aspettavano un intervento piú tradizionale da parte della Comandancia. Tuttavia, il suono dei passi delle migliaia di indigeni e indigene ribelli che a pugno chiuso hanno ribadito la forza della loro resistenza hanno riempito di significato il silenzio della mobilitazione: siamo quí e continuiamo il nostro cammino di lotta, potrebbe infatti il messaggio che sintetizza la giornata.
Oltre ad aver a che fare con la nuova era maya, le mobilitazioni di ieri, ricordavano la strage di Acteal compiuta quindici anni or sono da un gruppo di paramilitari, che, nel municipio di Chenalhó, massacró 45 indigeni tzotziles, donne incinta e bambini inclusi, mentre stavano pregando all'interno di una chiesa. Questo tragico attacco fu portato avanti con l'appoggio dell'allora Presidente Zedillo, il quale, coaudivato dal governo statunitense (che recentemente gli ha garantito l'immunitá), puntava a costituire una strategia della tensione nelle zone di conflitto per giustificare l'intervento repressivo dell'esercito.
Negli ultimi mesi, diverse agressioni paramilitari contro le basi d'appoggio zapatista sono state denunciate in piú occasioni dalle Giunte del Buon Governo, di conseguenza, le manifestazioni di ieri possono essere lette anche come una risposta al tentativo di spogliare le comunitá zapatiste dei territori riconquistati dopo il sollevamento.
Dopo mesi di guerra a bassa intensitá portata avanti contro la lotta per l'autonomia comunitaria, la risposta delle basi d'appoggio zapatiste, che hanno messo in campo una potente dimostrazione di forza e disciplina, ponendo al centro, contro i leaderismi e i personalismi tipici della politica istituzionale, la natura collettiva e comunitaria dello zapatismo, rappresenta senz'altro un segnale importante e una buona notizia per i movimenenti messicani e non solo.
(Andrea Spotti)