Di Diego Quemada-Díez. Con Karen Martínez, Rodolfo Dominguez, Brandon López, Carlos Chajon. Messico 2013, 102′
¿De que me sirve el dinero
si estoy como prisionero
dentro de esta gran prision
cuando me acuerdo hasta lloro
y aunque la jaula sea de oro
no deja de ser prision.
La trama. Tre adolescenti guatemaltechi, due maschi e una femmina, attraversano il Messico per raggiungere il Texas. Il film, a metà tra documentario e fiction, racconta l’epopea dei migranti latinoamericani negli Stati Uniti. Attraverso retate della polizia, dell'esercito, dei narcotrafficanti, degli schiavisti, attraverso i cecchini statunitensi, attraverso muri, barriere, canali, treni.
Tres adolescentes guatemaltecos, dos machos y una femenino, cruz México para llegar a Texas. La película, a medio camino entre el documental y la ficción, narra la epopeya de los inmigrantes latinoamericanos en los Estados Unidos. A través de redadas policiales, militares, narcotraficantes, traficantes de esclavos, a través de los francotiradores estadounidenses, a través de las paredes, cercas, canales, trenes.
Le recensioni straniere.
Sul sito d’informazione alternativa Médiapart, Cédric Lépine, dopo aver evidenziato come per questo film il regista abbia compiuto un lavoro, durato anni, per raccogliere le testimonianze di anonimi migranti, rimarca che il film ribalta elementi tipici del cinema statunitense: “Se il western è concepito sul modello dello spostamento di pellegrini alla ricerca di una ‘terra promessa’ intorno alla corsa all’oro negli Stati Uniti del XIX secolo, allora La Jaula de Oro sarebbe egualmente un western, ma con uno spostamento del Sud verso il Nord. Diego Quemada-Diaz ne ribalta tutte le specificità”.
Tra queste, il vettore principale della conquista del west, il treno. E aggiunge che oggi "i treni trasportano mercanzie e gli esseri umani sono costretti a viaggiare clandestinamente e pericolosamente sui tetti dei vagoni" "los trenes que transportan mercancía y los seres humanos se ven obligados a viajar de manera ilegal y peligrosamente en los techos de los coches".
Olivier Séguret, firma di punta del quotidiano Libération, mette l’accento sulla dimensione empatica del film. Seguret sottolinea giustamente la dimensione umana “ancora vibrante d’infanzia” degli adolescenti migranti, provvisti soltanto della “loro amicizia nascente e ancora maldestra da opporre all’orrore del mondo verso il quale corrono”.
“La traversata degli inferi, dal Chiapas alla California” "La travesía del infierno, de Chiapas a California", titola invece Le Monde.
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