giovedì 29 agosto 2019

Amazzonia

Il sole invernale a sud del Tropico del Capricorno tramonta poco prima delle 18. Lunedì a San Paolo alle 16 non c'era già più. La città è piombata in un'oscurità surreale. Non era un'eclissi, ma l'agonia dell'Amazzonia, a 2.700 chilometri di distanza, che bruciava come non era mai successo prima.
Il 2019 sta battendo ogni record per gli incendi nella foresta pluviale amazzonica. L'Istituto nazionale per la ricerca spaziale del Brasile (Inpe), attraverso i satelliti ha rilevato un aumento dell'83% dei roghi rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso: 73 mila incendi contro 40 mila. Il blackout che ha immobilizzato San Paolo si è verificato a distanza di pochi giorni dal siluramento del direttore dell'Inpe, Ricardo Galvão, deciso dal presidente Jair Bolsonaro. La colpa dello scienziato, che ha accusato il leader di comportarsi "come se fosse in un bar", è stata quella di avere denunciato il vertiginoso aumento del tasso di disboscamento dell'Amazzonia: il 67% in più rispetto al 2018. Un'accelerazione che coincide con l'insediamento del presidente populista.
Soltanto lo scorso mese in Amazzonia sono stati distrutti 2.253 km quadrati di vegetazione. Stiamo perdendo il più grande polmone verde mondiale, e il governo Bolsonaro incoraggia la deforestazione, tanto da avere unificato il ministero dell'Ambiente e quello dell'Agricoltura. "È colpa delle Ong", ha attaccato invece il presidente, salvo poi smentire per mancanza di prove. 
 Il fatto che la deforestazione dell’Amazzonia sia aumentata da quando Bolsonaro è diventato presidente non è un caso. L’ex generale ha ribadito più volte che bisogna sfruttare la foreste “in modo ragionevole” e, per questo motivo, ha rivisto alcune misure che, negli anni, avevano garantito l’esistenza e la sopravvivenza del polmone verde. All’inizio del suo mandato ha deciso, per esempio, di affidare le riserve indigene, che prime venivano gestite dalle popolazioni autoctone, al ministero dell’Agricoltura il cui interesse principale è far posto a coltivazioni come quelle della soia.
Bolsonaro ha poi una responsabilità indiretta. Come sottolinea New Scientist, in Brasile c’è una legge che vieta ai proprietari terrieri di disboscare più di un quinto dei loro possedimenti. Bolsonaro non ha modificato questa legge ma – come ha scoperto Carlos Rittl che lavora per Climate Observatory, un network di organizzazioni ambientali brasiliane – da quando è diventato presidente le operazioni del governo per assicurare l’applicazione di questa legge sono diminuite, da gennaio ad aprile, del 70%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questa impunità avrebbe indotto molti proprietari terrieri a non rispettare più il provvedimento e avrebbe quindi causato l’abbattimento di moltissimi alberi.