domenica 28 giugno 2009

Golpe in Honduras

TEGUCIGALPA - Il presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya dichiara dai microfoni della catena televisiva latinoamericana Telesur di essere stato «rapito e di essere vittima di un complotto». Si trova adesso in Costa Rica, dove è stato condotto con la forza dai militari; la sua presenza in Costa Rica è confermata dal ministro costaricano della Sicurezza pubblica, signora Janina del Vecchio. Il capo dello stato dell’Honduras, alleato del venezuelano Hugo Chavez, è stato bloccato all’alba dai militari all’interno della sua residenza, poco prima dell’apertura delle urne per il contestato referendum di revisione costituzionale.
TENSIONE - Successivamente all'arresto del presidente, testimoni hanno riferito che gas lacrimogeni sono stati sparati contro un gruppo di circa 500 manifestanti davanti al palazzo presidenziale. Inoltre sono stati dispiegato dei blindati non solo nelle strade di accesso alla residenza del presidente arrestato ma anche in altri punti della capitale. Gruppi di militari stanno prendendo, inoltre, il controllo delle sedi di alcuni edifici della pubblica amministrazione. Nella capitale ci sono anche interruzioni nella fornitura dell'energia elettrica.
IN TV - «Ci sei tu dietro a tutto questo?», ha chiesto Manuel Zelaya direttamente al presidente degli Stati Uniti Barack Obama, parlando alla televisione Telesur dal Costa Rica. Zelaya ha anche detto che «se (Washington) non dà il proprio sostegno a questo colpo di stato, può vanificare questo attacco contro il nostro popolo e contro la democrazia». E la Casa Bianca ha risposto respingendo con forza l'accusa: «Non c'è stato alcun coinvolgimento statunitense in quest'azione contro il presidente Zelaya», ha riferito un funzionario sottolineando di rifersi al leader honduregno sempre con il titolo di presidente.
OBAMA «PREOCCUPATO» - Il presidente americano, Barack Obama, si è «profondamente preoccupato» per la detenzione e l'espulsione del presidente dell'Honduras, Manuel Zelaya, e ha chiesto agli «attori politici e sociali» del Paese il rispetto delle norme democratiche e dello stato di diritto. Per Obama, «ogni tensione e ogni disputa dovrebbe essere risolta in modo pacifico, attraverso il dialogo». In precedenza, il presidente del Venezuela Hugo Chavez aveva chiesto al presidente Obama di pronunciarsi contro il golpe in Honduras. Obama dovrebbe prendere una posizione «così come abbiamo fatto noi», aveva detto Chavez in dichiarazioni alla rete Telesur parlando di «colpo di Stato». Quello in corso in Honduras contro il presidente Manuel Zelaya è «un Colpo di Stato troglodita» ha detto il presidente Chavez.
LA UE CHIEDE LA LIBERAZIONE - Intanto i ministri degli esteri dell'Ue hanno «condannato con forza l'arresto del presidente dell'Honduras» Manuel Zelaya chiedendone «l'urgente liberazione». In un documento pubblicato domenica a Corfù, ai margini della riunione dell'Osce, i 27 ministri auspicano un rapido «ritorno alla normalità costituzionale» nel paese centramericano. L’Organizzazione degli stati americani (Osa) ha indetto una riunione d’emergenza per discutere la situazione in Honduras.
LA CRISI ISTITUZIONALE - L'arresto arriva dopo la delicata crisi istituzionale che si era aperta a seguito della decisione di Zelaya di rimuovere il capo di stato maggiore delle forze armate, Romeo Vasques: decisione contestata dallo stesso militare, la cui reintegrazione all'incarico era stata d'altra parte chiesta dalla Corte suprema honduregna. Il pomo della discordia è il referendum di domenica, che dovrà decidere se convocare o no l'elezione di un'assemblea Costituente voluta secondo i sondaggi dall'85 percento della popolazione. E i soliti noti non ci stanno: le élite, l'esercito, le casta politica conservatrice, sono disposti a tutto purché nel paese neanche si parli di Assemblea Costituente. "È bastato solo l'odore di una Carta costituzionale che per la prima volta mettesse nero su bianco diritti civili e strumenti per ottenerli, perché si mettesse in moto la macchina golpista che durante tutta la storia ha impedito giustizia sociale e democrazia in tutto il Centroamerica", spiega lo storico e giornalista Gennaro Carotenuto.
Sequestrati da "uomini incappucciati" gli ambasciatori di Cuba, Venezuela e Nicaragua.
Il popolo si sta opponendo al golpe. El pueblo resiste al golpe.
Per maggiori informazioni: telesurtv

lunedì 15 giugno 2009

Khamenei orders election inquiry, but a "coup" is what everyone is talking about

IL COLPO DI STATO IRANIANO
(Per la traduzione in italiano cliccare qui; translation in chinese click here)
Despite an Interior Ministry ban, tens of thousands of Mousavi supporters take to the streets of Tehran. Khamenei’s order comes as a surprise because he was the one who announced Ahmadinejad’s victory calling it a “divine blessing.” According to Rooz, the Interior Ministry had Mousavi as winner before action by the revolutionary guards stop everything.
Iran’s Supreme Leader, Grand Ayatollah Khamenei, has ordered an investigation into allegations that last Friday’s elections were tainted by fraud. The decision was made public today after Mir-Hossein Mousavi, the candidate who lost to outgoing President Mahmoud Ahmadinejad, filed an official complaint.
Although the Interior Ministry banned rallies in the capital, tens of thousands of Mousavi supporters wearing green bandanas and waving green flags took to the streets in response to their candidate’s call for “peaceful” protest.
Many have been surprised by Khamenei’s decision because he was the first one to declare Ahmadinejad the winner, even before the Interior Ministry, calling the outcome a “divine blessing.”
The 12-member Guardian Council will now take over and examine the complaint. Under Iranian law the council supervises the electoral process and the constitution, but is also know for its literalist interpretation of Islam and its arch-conservative positions.
Since Ahmadinejad’s victory was announced Mousavi supporters, young and old, have poured into the streets of Tehran and other cities. Sporadic clashes with police have been reported.
Overnight anti-riot police and pro-Ahmadinejad vigilantes clashed with students at Tehran University, using tear gas and plastic bullets. Students responded with slogans, stones and Molotov cocktails.
Tens of students were arrested and police seized computers and other electronic equipment. A website close to Mousavi reported that a student protester was killed early Monday during clashes with plainclothes hard-liners in Shiraz. Hundreds of pro-Mousavi supporters have felt the regime’s iron fist, including a brother of former moderate president Khatami.
Mass media have also been affected by the crackdown. Foreign reporters are not being allowed to film demonstrations. Some have been arrested. TV and radio broadcasting out of Iran have been disrupted. Satellite communications and some websites have been blocked.
As for Mousavi, who served as prime minister during the 1980s, the defeated candidate has threatened to hold a sit-in protest at the mausoleum of the late Ayatollah Ruhollah Khomeini, founder of the 1979 Islamic Revolution.
In an interview with Iranian movie director Mohsen Makhmalbaf, published in the Persian-language webzine Rooz, Khamenei’s decision to give the victory to Ahmadinejad amounts to a “coup”. Makhmalbaf, who on Election Day was in contact with Mousavi’s election headquarters, said that according to the Interior Ministry Mousavi had won. He added that the latter had in fact worked on a moderate victory speech.
Information about Mousavi’s victory was also provided to Supreme Leader Khamenei. Just a few hours later revolutionary guards showed up at Mousavi’s election headquarter with a letter from Khamenei, which said that he would not let the green revolution succeed because “Ahmadinejad’s defeat is my defeat.”
For his part United Nations Secretary General Ban Ki-moon said he was “dismayed by the post-election violence, particularly the use of force against civilians, which has led to the loss of life and injuries.” He called “on the authorities to respect fundamental civil and political rights, especially the freedom of expression, freedom of assembly and freedom of information.”
To date more than 50 dead. The dead are rising. Iranian TV channels do not transmit the truth.
All foreign journalists sent away from the country.