Vogliate scusarmi se con questo post vi porterò in un posto preciso, da persone precise, che voi non conoscete.
Venite un attimo con me, salite con me su un ipotetico aereo con destinazione São Paulo e appena atterrati andate su quell'auto dove quelle persone v'attendono già da un pò. Ci vorranno 4, 5 ore prima di giungere a Pouso Alegre (Minas Gerais), ancora mezz'oretta per arrivare al Bairro São Cristóvão.
Lì sarete l'attrazione del luogo, da subito. Meta non turistica, meta dove in fondo non c'è nulla di storico da vedere. Solo strade polverose, casette basse e gente perennemente in ciabatte che vi osserva, sorride e vi dice "Oì!".
E' lì che una parte di me s'è fermata in eterno, in quella Comunidade piena di bambini di tutte le età, piena di gente cordiale. Tanti volti, tanti nomi, tante di quelle storie che un blog non mi basterebbe per raccontarvele.
Solo oggi m'è giunta la notizia, solo oggi...e gli occhi mi s'offuscano, e non è la mia miopia questa volta...
L'hanno ammazzato.
Ucciso, brutalmente...
Cerco d'immaginare cosa deve avere provato in quel momento, in quegli istanti eterni mentre poliziotti Made in Brazil lo picchiavano, s'accanivano su di lui con ferocia, mentre sentiva che da lì non ne sarebbe uscito vivo. Bastardos. E penso a Irma Leila che l'aveva cresciuto come un figlio, facendogli da madre, quella madre che lui non ebbe, e che se anche era un pò uno scansafatiche gli voleva un casino di bene.
Il suo nome era lungo e non lo tenevo mai a mente, così l'avevo abbreviato alla meglio: Ed.
Ed è morto.
In un modo che in Sud America non è poi così raro.
Avrà mai giustizia?
No, fermate tutto, vi prego, non può essere vero, non a lui, non lui, Ed non possono averlo ammazzato, in quel modo, ditemi che è una bugia...per favore...
Riguardo continuamente questa immagine, appesa anche in camera, dove io e lui siamo in posa per la foto.
Non riesco ancora a crederci...non riesco proprio...e le parole mi sono d'un tratto mute, la mano non sa più che scrivervi...solo tristeza, raiva, incredulidade...